ahed tamimi c abbas momani
di Karim El Sadi* -

Dopo otto mesi di prigionia, Ahed Tamimi, la ragazza palestinese simbolo della lotta contro l'occupazione israeliana, è stata finalmente scarcerata.
Questa mattina, dopo oltre duecento giorni di detenzione, ha riabbracciato la sua famiglia ed i suoi numerosi sostenitori. Ahed ha fatto le sue prime dichiarazioni alla stampa nel villaggio Nabi Saleh, proprio davanti alla casa di un martire palestinese. “… Dalla casa di questo martire, io dico, la resistenza continuerà finché l'occupazione sarà stata rimossa” - ha esordito Ahed - “Tutte le prigioniere in carcere sono forti e ringrazio tutti coloro che mi hanno sostenuto mentre ero incarcerata”.
Ahed Tamimi è da sempre conosciuta in Palestina per la sua grinta, fin da piccolissima, già all'età di nove anni, si è schierata contro l'occupazione assieme ai suoi fratelli, alla madre Nariman e al padre Bassam (famoso attivista durante la prima intifada). Mai il suo volto era uscito dai confini di Israele, fino a quando, lo scorso 19 dicembre, l'esercito israeliano ha cercato di entrare in un terreno appartenente alla sua famiglia, per poter sparare contro i ragazzini che stavano giocando nei dintorni della casa. Ahed insieme a sua madre, che filmava il tutto, ha tentato di impedirglielo in ogni modo, arrivando a schiaffeggiare un soldato che era entrato illegalmente nella sua proprietà.
Il video dell'accaduto ha fatto il giro del mondo. Un militare israeliano umiliato in quella maniera da una ragazzina di soli sedici anni, era inammissibile. Israele non poteva rimanere con le mani in mano, così la notte stessa l'esercito ha fatto irruzione nella sua casa per arrestare lei e la madre. Il suo volto è diventato virale, centinaia di associazioni in tutto il mondo hanno iniziato a muoversi protestando per la sua liberazione.

Ahed ha trascorso all'incirca otto mesi in carcere, ma la carcerazione sarebbe potuta essere molto più lunga, questo perché i prigionieri palestinesi, prima di ricevere il giudizio di una corte, vengono sottoposti a continui rinvii di sentenza. Uno stallo giudiziario chiamato detenzione amministrativa. Ovvero, uno stato a cui sono sottoposti i detenuti palestinesi in attesa di essere giudicati e processati, senza poter sapere per quanto tempo dovranno scontare la pena e soprattutto perché sono stati arrestati. Attese queste, che possono durare anche anni in alcuni casi, prima di passare in giudicato. Lo stesso è accaduto ad Ahed. Prima di poter sapere il motivo della sua detenzione sono trascorsi alcuni mesi, durante i quali si parlava di dodici capi di accusa a suo carico, per un periodo di reclusione pari a dieci anni. Dopo vari rinvii, lo scorso mese di marzo, la corte si è riunita a porte chiuse, senza la presenza della stampa e ha condannato Ahed ad otto mesi di prigionia. I motivi che hanno reso la condanna decisamente più leggera di quanto si ipotizzasse, hanno a che vedere con la pressione internazionale che ne pretendeva la liberazione, l'impassibilità ed il coraggio di Ahed stessa. Durante la detenzione, lei ha sostenuto diversi interrogatori, uno di questi è stato ripreso e pubblicato su internet. Nel video si vede Ahed seduta ad un tavolo, mentre due agenti di polizia le fanno domande minacciando di arrestare tutta la sua famiglia se non avesse parlato. Ahed non si è lasciata intimidire e non ha detto una parola, rispondendo alle grida degli agenti con una semplice frase: “Io ho il diritto di non rispondere”. Il giudice, quindi, non ha avuto le prove per la gran parte dei capi di accusa richiesti. Cedendo alla pressione internazionale, egli ha deciso di condannare la ragazza ad otto mesi. Nel frattempo, in Palestina e nel mondo, sono nate diverse manifestazioni spontanee in sostegno della ragazza. Ahed Tamimi oggi è di nuovo libera, ma la Palestina ha subito delle grosse ferite in sua assenza. Donald Trump ha inaugurato l'ambasciata statunitense a Gerusalemme, riconoscendo la città come capitale di Israele e lo scorso 19 luglio il Knesset (il Parlamento israeliano) ha approvato una legge che definisce Israele "Stato-Nazione",  dando l'ufficialità ad una specie di "Apartheid 2.0".

La promessa
Ahed Tamimi è più di un'icona o un simbolo, come dimostra la solidarietà di migliaia e migliaia di persone dentro e fuori dalla Palestina. Ahed Tamimi è un esempio di tenacia, coraggio e determinazione. Ahed, che in arabo significa “promessa”, è soltanto una dei trecento cinquanta prigionieri minorenni, illegalmente detenuti nelle carceri israeliane. Gli esempi come lei e Jannah Jihad, la più giovane giornalista del mondo e sua amica, sono pericolosi per Israele poiché rappresentano l'eredità della resistenza palestinese. Per molti, Ahed non è solo una ragazzina, ma una vera donna, come Rosa Parks, l'afroamericana che si rifiutò di cedere il posto ad un uomo bianco. Pochi avrebbero avuto una forza tale da riuscire a tenere testa ad un Paese intero, ma lei ci è riuscita e ha vinto. Ahed è un’ eroina, non solo perché ha difeso con coraggio la sua casa da un gruppo di soldati, né per aver resistito ad otto mesi di prigione. Ahed, la Wonder Woman palestinese, è un’ eroina perché ha fatto capire al nemico che non si può incarcerare un ideale.

Foto © Abbas Momani

*Karim El Sadi, 21 anni, gruppo Our Voice Marche (Italia)

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