di Fracesco Ciotti*
Oggi si ricorda il 70° anniversario della dichiarazione universale dei diritti umani, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, avvenuta il 10 dicembre 1948. Quale miglior occasione per quei volti bronzei e ridicoli dei salotti buoni della politica, di tessere le lodi di una conquista passata per glorificare un presente che non può non apparire orrendamente falso. Per fortuna, quest’anno ci siamo almeno risparmiati la presenza degli Stati Uniti, ritirati a gran fretta dal Consiglio dei diritti umani dell’uomo il giugno scorso. Ci vorrebbe, effettivamente, una gran faccia tosta a parlare delle fondamentali condizioni umane globali, quando il proposito chiaro e ormai palesemente annunciato ai tweet demenziali, quanto terrificanti, è di mettere l’America al primo posto, tenere aperti scenari di guerra in Siria e Ucraina, in prossimità dei confini russi, e dedicarsi allo sviluppo di armamenti nucleari sempre più sofisticati; grazie a un budget sempre più oneroso (giunto a 717 miliardi di dollari nel prossimo 2019). Viva la democratica, egualitaria e giusta ripartizione dei beni atomici! In Italia, purtroppo, dobbiamo ancora aspettare il 2020 affinché arrivino le nuove bombe B61-12, a guida di precisione.
Cosa dire della condizione umana negli aspetti sociali ed economici? L’articolo 1, a tal proposito, forse disegna la denuncia più grande a un mondo folle che tacitamente e passivamente appoggiamo:
“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.”
Ormai, nessuno osa solo pronunciare tali principi, in un modo in cui secondo l’Oxfam, l’1% più ricco della popolazione mondiale detiene maggiore ricchezza del restante 99%. I due terzi della ricchezza dei più facoltosi miliardari del mondo non è frutto del lavoro, ma è ereditato o è frutto di rendita monopolistica. Nel mentre, sono 821 milioni le persone che hanno sofferto la fame nel 2017, secondo l’ultimo rapporto delle Nazioni Unite, sei milioni in più rispetto al 2016, in crescita per il terzo anno consecutivo.
Non sappiamo cosa sia la fratellanza, siamo in gran parte egoisti, individualisti, indifferenti; sappiamo solo rivendicare i nostri diritti quando vengono lesi, mai quelli degli altri. Perché i francesi, che ora chiedono migliori condizioni di vita, non adoperano la stessa enfasi nel difendere quei Paesi africani, vittime del Franco CFA (Benin, Burkina, Cote d’Ivoire, Guinea Bissau, Mali, Niger, Senegal, Togo, Camerun, Centrafrica, Congo, Gabon, Guinea Equatoriale, Chad), che li obbliga a destinare il 50% delle riserve su un conto della Banca di Francia, a Parigi?
Forse, questo giorno di memoria può essere utile per disegnare un quadro desolante del presente, certo, ma può anche fornirci le linee guida che ci avrebbero portato e ci potrebbero portare a un mondo sano e libero; ovvero la rivendicazione dei valori di giustizia e benessere, innanzitutto per i propri fratelli, senza distinzioni di confine e distanza, colore e credo.
Francesco Ciotti, 26 anni, gruppo Our Voice Marche (Italia)*