Ventiquattro anni fa il prete veniva ucciso prima di celebrare la messa del mattino -
di Davide de Bari -
Don Peppe Diana è stato assassinato per aver denunciato la camorra e soprattutto per aver posto in essere un progetto di legalità ed impegno, dedito all'eliminazione delle mafie e alla realizzazione della solidarietà e dell'amore. Era questo che riusciva a trasmettere alle persone e ai ragazzi dei quartieri malfamati nella provincia i Caserta. Comunicava la sua voglia d'amore per la vita, che lo spingeva a denunciare le ingiustizie della camorra. Non riusciva a zittire la verità, per questo stesso motivo è stato ucciso nel luogo in cui esercitava le sue funzioni di parroco, nella chiesa di San Nicola a Casal di Principe.
Don Diana amava la sua terra, la sua gente, condannata al compromesso e al silenzio per un briciolo di dignità. Con la sua morte, ha liberato il proprio popolo, ma ancor prima ha dichiarato guerra alla camorra, attraverso la sua parola; racchiusa nel documento scritto nel dicembre 1991, firmato dagli altri parroci della città, intitolato “Per amore del mio popolo non tacerò”. Proprio con la parola, Don Peppe ha messo in crisi una delle più potenti organizzazioni mafiose al mondo. La sua morte non è stata una fine, ma un inizio che ha contribuito a dar forza alla magistratura e alle forze di polizia, per stroncare l’élite Casalese.
Se quest'oggi abbiamo ancora la speranza di poter sconfiggere le mafie, lo si deve anche a preti come Don Diana, che hanno fatto della lotta alla criminalità organizzata l'unica ragione di vita. Il suo progetto ed impegno ancora oggi continua a camminare e a realizzare l'amore di cui era testimone. E noi giovani abbiamo il dovere il ricordarlo!