impastato peppino
di Davide de Bari* - 
Sono passati 40 anni da quando il coraggioso giornalista e attivista comunista Peppino Impastato fu assassinato da Cosa nostra. Nello stesso giorno fu ritrovato in via Caetani a Roma il corpo senza vita di uno dei più grandi uomini politici che l'Italia abbia mai avuto, il presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro. Peppino fu prima torturato e poi fatto a pezzi da Cosa nostra, che inscenò un attentato-suicidio, non per sfigurare il suo corpo, ma per eliminare le denuncie che Peppino rivolgeva alla mafia. “C’è il grande capo, i due grandi capi, Tano Seduto e Geronimo Stefanini, sindaco di Mafiopoli… -  si divertiva Peppino nel programma “Onda pazza” - Sì, i membri della Commissione discutono… c’è qualche divergenza ma sono fondamentalmente d’accordo. Sì, si stanno mettendo d’accordo sull’approvare il progetto Z-11”. Peppino era figlio di mafiosi, anche se di mafioso non aveva nulla se non il sangue. Fin da ragazzino amava la cultura e si nutriva di essa. Portava particolare interesse nell'ascoltare i comizi in piazza e non riusciva a non interessarsi dei temi sociali del suo paese e del mondo intero, che lo portarono a impegnarsi con il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria. Era vicino ai contadini che si videro espropriate le terre per la costruzione della terza pista dell'aeroporto di Palermo, dove dietro si nascondeva il traffico di stupefacenti che costruì la potenza economica di Cosa nostra. Le attività del capomafia di Cinisi, Gaetano Badalamenti, quello che poi ordinò la morte di Peppino, erano sotto gli occhi di tutti, ma nessuno si prese la responsabilità di denunciarle, di dire che al popolo siciliano questi “affari” non stanno bene. In quella Cinisi, Peppino, insieme ai suoi compagni di lotta, fu l'unico a parlare, a prendesi la “colpa” di quelle parole. Suo padre, Luigi, lo cacciò via di casa, prendendo anche pubblicamente le distanze. Peppino voleva un paese libero dalla mafia e che si potesse dire tutto con trasparenza e senza il timore che qualcuno prevaricasse la parola. Peppino sognava un'Italia colma di giustizia, dove più nessuno doveva soffrire per avere un po' di dignità; dove non bisognava pretendere che un diritto fosse applicato. Sognava un mondo libero dalle ingiustizie e dalla mafia. Questo è il sogno di Peppino che noi giovani abbiamo il dovere di portare avanti con il suo stesso impegno.

Davide de Bari, 23 anni, gruppo Our Voice Marche (Italia)

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