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migranti cartellonedi Francesco Ciotti* -
Da tempo oramai, la campagna elettorale e la retorica dei comizi si regge, per certi personaggi dell’attuale realtà politica Italiana, sui facili consensi della lotta all’immigrazione, con il benestare di una grande fetta dell’opinione pubblica.
Folle oceaniche acclamano la notizia dell’ennesimo barcone respinto dalle nostre coste, centinaia di applausi alle promesse di quartieri piccolo borghesi finalmente sicuri, puliti, senza poveracci dalla pelle nera in strada. Nel mentre, il nostro ministro dell’interno, Matteo Salvini,  si fa gran vanto di essere indagato per sequestro di persona, nell’eroico tentativo di bloccare per dieci giorni lo sbarco di 148 migranti, a bordo della nave "Diciotti".
Purtroppo, le uniche voci di dissenso, proiettate sui teleschermi nei confronti di questa nuova tendenza nazionale, sembrano essere quelle di ipocriti intellettuali che, dietro belle parole di accoglienza, non nascondono di ricordare i vantaggi economici di questo flusso migratorio.  Dobbiamo essere cristianamente caritatevoli verso quel povero ceto imprenditoriale alla ricerca del cosiddetto “esercito di riserva del capitale”, ovvero di nuovi straccioni senza diritti e senza troppe pretese, da poter sfruttare anche a meno di un euro all’ora in qualche campo di pomodori.
Un tempo c’erano muri, cancelli, filo spinato e recinzioni a nascondere i crimini e le vergogne di un sistema di potere, oggi abbiamo un mare il cui orizzonte si perde nell’infinito della non esistenza e dell’insignificanza. Per noi, oltre quel mare, non c’è niente. Al di là dei confini di questo mondo occidentale, in cui il valore massimo è la crescita indiscriminata di produzione e consumo di merci, ci sforziamo davvero di credere che non ci siano le ragioni per le quali siamo la parte benestante di questo pianeta. Per fortuna il Pnud, il programma per lo sviluppo delle Nazioni Unite, ci ricorda come Europa e Stati Uniti, per mantenere questo tenore di vita, debbano consumare l'80% delle risorse della Terra; un primo indizio che, forse, rivela il motivo per il quale alcune popolazioni meno fortunate non restino “a casa loro”. L’Africa è il  continente più ricco del mondo e allo stesso tempo il più depredato: dall’inchiesta giornalistica del 2016, denominata “Panama Papers”, è emerso che sono 1400 le società offshore utilizzate da altre “entità” occidentali per saccheggiare queste terre. Le stesse società con sedi a  British Virgin Islands, Seychelles o Dubai, che hanno offerto cospicue garanzie di anonimato, sono state utilizzate per spartirsi i profitti, nella maggior parte dei casi illeciti, provenienti dallo sfruttamento delle risorse naturali di tutto il continente africano. Secondo l’inchiesta, 44 Stati su 54 sono interessati a questi traffici;  petrolio, gas, oro, diamanti, assieme ad altri metalli preziosi sono stati sottratti regolarmente alle popolazioni locali.
Nessuno scrupolo, ovviamente, nel servirsi di governi corrotti e violenti per raggiungere gli scopi di saccheggio designati. Particolare è stato il caso della compagnia  tedesca Neumann Kaffee Gruppe (Nkg) che, nel 2001, ha ottenuto dal governo ugandese 2524 ettari di terreno su cui erano situati i villaggi Kitemba, Luwunga, Kijunga e Kiryamakobe. Gli abitanti sono stati sgomberati con la forza e il governo non ha avuto alcuno  scrupolo nell’ usare le forze armate. A nulla è valsa l’azione legale intrapresa nel 2009 contro l’esproprio, finanziato persino dall’Agenzia tedesca per lo sviluppo e dalla Banca africana dello sviluppo.
L’ Italia non è da meno in quest’ opera di distruzione generalizzata.  Probabilmente, pochi fan delle frontiere mediterranee ricorderanno i disastri ambientali causati da Eni in Nigeria. E’ notizia di quest’anno che, finalmente, la comunità Ikebiri è riuscita a  intentare un processo contro la multinazionale per via del disastro, causato dalla rottura di una conduttura e dalla relativa fuoriuscita di petrolio, con conseguente danneggiamento di flora e  fauna; indispensabili per il sostentamento della popolazione locale.
Ancor meno, saranno coloro che ricorderanno l’assassinio della giornalista Ilaria Alpi, freddata il 20 Marzo 1994 a Mogadiscio assieme al suo operatore, mentre indagava su uno strano traffico di armi trasportati dalla Schifco. Sul luogo del delitto era presente Giancarlo Marochino che, secondo le carte della procura di Asti, “assieme a Guido Garelli e al console onorario della Somalia, Ezio Scaglione, hanno firmato un accordo confidenziale per l'esportazione di rifiuti nel Corno d'Africa". Un affare sporco nel quale era coinvolta anche la Cia, assieme ai servizi segreti italiani, la quale ha contribuito a trasformare il Paese in un’infernale discarica di morte e violenza, alimentata dal traffico di armi vendute a gruppi di potere rivali, in cambio di un facile scarico di veleni tossici e radioattivi.
C’è da chiedersi, infine, dove fossero quelle grandi masse che oggi invocano nelle piazze “stop immigrazione”, quando nel 2011 la coalizione occidentale, Italia compresa, ha attaccato la Libia di Gheddafi; colpevole, stando alle mail di Hilary Clinton quando era segretario di Stato, di voler creare una moneta africana agganciata all’oro che potesse competere con l’euro e con il dollaro, ovvero i famosi diritti umani da difendere.
Oggi la Libia è un vero e proprio campo di concentramento. Nell’estate 2017, è stata siglata un’intesa, definita disumana anche dalle Nazioni Unite, tra il governo italiano, presieduto da Paolo Gentiloni e quello di Fayez Al Sarraj.  Da allora,  i migranti che vogliono entrare in Europa e quelli respinti vengono portati nei centri di detenzione: veri e propri lager in cui ogni giorno uomini, donne e bambini sono picchiati, torturati, violentati e uccisi. Mentre l’Italia ha fornito motovedette alla guardia costiera libica per riportare quelle persone dai loro torturatori, si sono diffuse in tutto il mondo le immagini della ONG Sea Watch, che mostravano miliziani della guardia costiera libica gettare i migranti in mare; solo il 6 novembre 2017 hanno perso la vita 50 persone.
Questa è la verità oltre il mare, oltre l’orizzonte delle nostre fantasie e falsità, che abbiamo costruito per non vedere in faccia una realtà che ci pone tutti sul banco degli imputati. Se vogliamo essere indifferenti e conniventi con un sistema così criminale, ha senso chiudere anche le porte a chi possiamo accogliere per redimere le nostre colpe? Nel cercare il capro espiatorio delle nostre miserie economiche, perché non iniziare a denunciare l’esistenza di quell’1% della popolazione che possiede la ricchezza del restante 99%? Sarà a quel punto, forse, che le nostre invettive saranno indirizzate verso valori di vera giustizia e non di mero egoismo del povero verso il più povero..

*Francesco Ciotti, 26 anni, gruppo Our Voice Marche (Italia)

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