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Di Eya Djelassi

Il memorandum d'Intesa sorto tra Italia e Libia è stato lo strumento politico che per eccellenza stabilì con decisione un cambiamento nella gestione delle frontiere e dei flussi migratori. L'Italia stipulando e firmando il 2 febbraio 2017 tale accordo con la Libia, palesò l'intenzione di attuare politiche migratorie ben diverse e molto più stringenti con lo scopo di diminuire il numero di sbarchi provenienti dalle coste libiche.
L'obiettivo era proprio quello di venir meno al proprio obbligo di soccorrere e salvare le persone in mare, facendole sbarcare in un posto sicuro. Si preferì invece accordarsi con la guardia costiera libica per bloccare e respingere i migranti che cercavano di raggiungere le coste meridionali del paese.
Nonostante nel tempo siano continuate a giungere innumerevoli notizie di abusi e violenze inflitte sui migranti, l'accordo ha continuato a trovare un’applicazione incontrastata. Questo è dato anche dal fatto che in realtà l'accordo riprendeva una trattativa risalente al biennio 2008-2010 quando l'allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, in accordo con Gheddafi, puntava alla realizzazione di un piano per diminuire i flussi migratori via mare.
Era servita una sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani nel 2012 per far cessare l'efficacia di tali accordi, poiché era stato sancito che l'intercettazione e il respingimento dei migranti costituisse un vero e proprio fenomeno di tortura.
Nonostante la sentenza sopracitata i governi italiani, nel corso degli anni, hanno cercato un modo alternativo per coordinare le rotte migratorie del Mediterraneo, attraverso anche alla collaborazione con la Guardia costiera libica.
Quest'ultima ha continuato nel tempo ad essere appoggiata logisticamente con la concessione di motovedette, ricevendo anche l'addestramento e la formazione necessarie per poi operare nelle acque internazionali per conto dell'Italia. Ciò ha contribuito alla diminuzione drastica degli sbarchi sul suolo italiano, dove le persone dopo essere state bloccate e catturate venivano riportate nel territorio libico; qui migranti venivano poi rinchiusi a tempo indeterminato nei disumani e degradanti centri di detenzione. Dei veri e propri lager dove i bambini morivano di pena e di patimento, le donne venivano stuprate e gli uomini subivano le peggiori torture. Il tutto veniva ripreso per essere mandato alle famiglie delle vittime per estorcere ulteriori somme di denaro.
Il Memorandum rappresenta l'esempio perfetto di come uno Stato di diritto democratico possa riuscire ad aggirare le norme del diritto internazionale, favorendo metodologie criminali pur di mantenere intatti i propri interessi economici ed evitare la cosiddetta "invasione dal continente africano”.
Il Memorandum viola il principio di non respingimento sancito dalla Convenzione di Ginevra sui rifugiati e che per l'ordinamento italiano ha valore costituzionale. Nonostante la palese illegalità degli accordi stipulati con la Libia, nessuna istituzione dello Stato italiano ha mai messo in discussione tali norme tentando di porre fine ad un sistema criminale e disumano. Al contrario, la maggior parte delle figure di spicco della politica italiana rivendica con fermezza l'efficacia del modello costruito e consolidato nel corso degli anni.
L'azione italiana si inserisce in una più ampia strategia di politica europea volta ad attuare un sistematico respingimento, raggirando in maniera fraudolenta le Convenzioni internazionali e dei principi fondanti dell'Unione europea stessa.
E le tante promesse fatte su una possibile riforma del testo del Memorandum e sulla rivalutazione dell'estensione dei finanziamenti di supporto al governo libico non sono state mantenute. Infatti, a testimoniare la mancanza del mantenimento della parola data, è stata la notizia giunta nei primi giorni di gennaio 2022, in cui veniva spiegato come l'organizzazione internazionale UNHCR dedita alla tutela dei rifugiati, avesse chiuso i propri uffici, che da tempo erano diventati l’unica protezione per i rifugiati. I quali in seguito alla chiusura della sede dell’ente europeo hanno subito vari raid all’interno dei campi di tortura in cui alloggiavano per mano delle milizie libiche.

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