Di Francesco Piras

Un anno fatto di aumenti delle spese militari, di complicità nella distruzione economica italiana, di riforme, leggi e decreti a favore del “mercato”.

Mario Draghi, ed il governo da lui guidato, ad un anno dall’inizio del mandato, si conferma per quello che è sempre stato: cane da guardia della finanza, del mercato, dell’industria bellica, e del potere del denaro.
Un uomo ed un governo calati dall’alto, per volontà di qualcuno di potente. E la prova ne è il fatto che nessuno, o quasi, ha osato alzare un dito per schierarsi in opposizione al più spietato rappresentante del mondo del denaro. Un mondo che, questo Pianeta, lo ha rovinato. E con il Pianeta il genere umano.

Gli aumenti delle spese militari

Le spese militari, per il 2022, sono state portate a 25,8 miliardi di euro. Effettivamente, di recente, il Presidente del consiglio italiano, nella conferenza stampa di presentazione della NADEF, ha dichiarato che “ci dobbiamo dotare di una Difesa molto più significativa e bisognerà spendere molto di più nella Difesa di quanto fatto finora, perché le coperture internazionali di cui eravamo certi si sono dimostrate meno interessate nei confronti dell’Europa”. L’obiettivo rimane quello del raggiungimento del 2% del PIL da destinare alle spese per la “Difesa”. Per l’Italia stiamo parlando di circa 40 miliardi di euro all’anno, corrispondenti a circa 100 milioni di euro al giorno.
È quanto previsto dal Documento Programmatico Pluriennale 2021-2023, rilasciato dal Ministero della Difesa.
Il tutto in sostegno della NATO, l’organizzazione guidata dagli Stati Uniti, che in questi giorni si stanno rendendo protagonisti di provocazioni continue contro la Russia e le Repubbliche indipendenti del Donbass, attraverso anche campagne mediatiche di disinformazione a cui, negli ultimi decenni, ci hanno costantemente abituato. Proprio Lorenzo Guerini ha recentemente affermato, in un colloquio con “La Repubblica”, che “L’Alleanza ha previsto un rafforzamento delle misure di deterrenza sul proprio fianco Est, a cui anche l’Italia partecipa nell’ambito di dispositivi di operazioni e missioni già autorizzate dal Parlamento. Se saranno assunte ulteriori decisioni, sempre all’interno della strategia Nato di deterrenza, l’Italia darà il suo ulteriore contributo e farà la propria parte, riaffermando il valore della coesione dell’Alleanza innanzitutto rassicurando i Paesi membri sul fianco Est”. In caso di conflitto armato, che immediatamente si trasformerebbe in conflitto termo-nucleare, il nostro Paese si troverebbe in prima linea nello scontro, principalmente a causa del centinaio di testate atomiche presenti nel nostro Paese.

Le imposizioni dell’Europa

E questa è solo la punta dell’iceberg. Mario Draghi non è arrivato a caso. Infatti, l’ex numero uno della BCE è il prediletto per portare avanti le riforme OBBLIGATORIE che l’Unione Europea chiede al nostro Paese per poter aver accesso ai fondi del Recovery Fund. Soldi, lo ricordiamo, che andranno restituiti. E nonostante ciò che quegli stessi apparati mediatici che stanno spingendo con la propaganda anti-Russia vorrebbero farci credere, non esistono contributi a fondo perduto.
In sostanza abbiamo accettato il commissariamento del nostro Paese per ottenere dei prestiti.
In tale ottica vanno viste la Riforma della Giustizia varata dal Governo italiano nella figura della ministra della Giustizia Marta Cartabia, definita “la peggiore riforma degli ultimi 30 anni” da moltissimi magistrati italiani, soprattutto quelli più esposti nel contrasto alla mafia e nella denuncia alla corruzione politica all'interno delle nostre istituzioni. Ma anche il DDL “Concorrenza”, che rende quasi obbligatorio per gli enti locali privatizzare beni e servizi pubblici essenziali come acqua, trasporti, rifiuti.
Del resto, già il 5 agosto 2011, Mario Draghi e Jean Claude Trichet (rispettivamente Presidente in entrata e in uscita della BCE) avevano inviato una lettera di raccomandazioni all’allora governo guidato da Silvio Berlusconi, in cui venivano raccomandate “privatizzazioni su larga scala”, tagli alla
Spesa Pubblica, pareggio di bilancio in Costituzione (cosa che farà poi Mario Monti, con l’approvazione del Fiscal Compact).
E, come ciliegina sulla torta, tra poco arriverà anche la “Spending Review”. Un parolone che sembra complicato, ma che in realtà nasconde provvedimenti molto semplici: tagli, tagli e tagli. Tagli alla spesa pubblica, alla sanità, all’istruzione, ai sussidi alla disoccupazione. Perché si sa, dopo 40 anni, non è ancora abbastanza.

La distruzione economica programmata dell’Italia

Ma Mario Draghi, e il governo da lui guidato, sono arrivati nel momento peggiore per l’economia italiana. Solo nel 2020, a causa del lockdown, hanno chiuso circa 300.000 imprese. E la situazione, a causa del rincaro dei costi delle materie prima, oggi è ancora peggiore. Nel primo trimestre 2022, infatti, elettricità e gas subiranno aumenti rispettivamente del 55% e del 41,8%. Questo significa aumenti dei prezzi di tutti i beni al consumo, fallimento di aziende, aumento della disoccupazione in una situazione in cui già 5,6 milioni di italiani vivono in condizioni di povertà assoluta. Non solo. Questa situazione rischia di tramutarsi in una vera e propria nuova “Grande Crisi”, addirittura peggiore di quella del 2008.
Del resto, Mario Draghi e il Group of Thirty, la lobby che racchiude in sé i 39 banchieri più importanti al mondo, ce lo avevano già detto. Nel documento rilasciato a dicembre 2020, “Reviving and Restructuring the Corporate Sector pos Covid. Designing Public Policy Interventions”, questi signori ci hanno chiaramente detto che la classe media deve sparire, e che nessuno la aiuterà. Bisogna aiutare le “aziende zombi” a fallire, attraverso un processo di “distruzione creativa”.
Le conseguenze sono presto dette: i poveri aumenteranno, la gente sarà lasciata a sé stessa, i disoccupati saranno sempre di più. La situazione che stiamo vivendo è il simbolo del fallimento del modello basato sul denaro. È il simbolo del fallimento del mercato. Il problema, ora, è che siamo sull’orlo del baratro, ma questi signori sembrano non volersi fermare. E stiamo per precipitarci dentro.

 

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Un anno fatto di aumenti delle spese militari, di complicità nella distruzione economica italiana, di riforme, leggi e decreti a favore del “mercato”.

Mario Draghi, ed il governo da lui guidato, ad un anno dall’inizio del mandato, si conferma per quello che è sempre stato: cane da guardia della finanza, del mercato, dell’industria bellica, e del potere del denaro.
Un uomo ed un governo calati dall’alto, per volontà di qualcuno di potente. E la prova ne è il fatto che nessuno, o quasi, ha osato alzare un dito per schierarsi in opposizione al più spietato rappresentante del mondo del denaro. Un mondo che, questo Pianeta, lo ha rovinato. E con il Pianeta il genere umano.

Gli aumenti delle spese militari

Le spese militari, per il 2022, sono state portate a 25,8 miliardi di euro. Effettivamente, di recente, il Presidente del consiglio italiano, nella conferenza stampa di presentazione della NADEF, ha dichiarato che “ci dobbiamo dotare di una Difesa molto più significativa e bisognerà spendere molto di più nella Difesa di quanto fatto finora, perché le coperture internazionali di cui eravamo certi si sono dimostrate meno interessate nei confronti dell’Europa”. L’obiettivo rimane quello del raggiungimento del 2% del PIL da destinare alle spese per la “Difesa”. Per l’Italia stiamo parlando di circa 40 miliardi di euro all’anno, corrispondenti a circa 100 milioni di euro al giorno.
È quanto previsto dal Documento Programmatico Pluriennale 2021-2023, rilasciato dal Ministero della Difesa.
Il tutto in sostegno della NATO, l’organizzazione guidata dagli Stati Uniti, che in questi giorni si stanno rendendo protagonisti di provocazioni continue contro la Russia e le Repubbliche indipendenti del Donbass, attraverso anche campagne mediatiche di disinformazione a cui, negli ultimi decenni, ci hanno costantemente abituato. Proprio Lorenzo Guerini ha recentemente affermato, in un colloquio con “La Repubblica”, che “L’Alleanza ha previsto un rafforzamento delle misure di deterrenza sul proprio fianco Est, a cui anche l’Italia partecipa nell’ambito di dispositivi di operazioni e missioni già autorizzate dal Parlamento. Se saranno assunte ulteriori decisioni, sempre all’interno della strategia Nato di deterrenza, l’Italia darà il suo ulteriore contributo e farà la propria parte, riaffermando il valore della coesione dell’Alleanza innanzitutto rassicurando i Paesi membri sul fianco Est”. In caso di conflitto armato, che immediatamente si trasformerebbe in conflitto termo-nucleare, il nostro Paese si troverebbe in prima linea nello scontro, principalmente a causa del centinaio di testate atomiche presenti nel nostro Paese.

Le imposizioni dell’Europa

E questa è solo la punta dell’iceberg. Mario Draghi non è arrivato a caso. Infatti, l’ex numero uno della BCE è il prediletto per portare avanti le riforme OBBLIGATORIE che l’Unione Europea chiede al nostro Paese per poter aver accesso ai fondi del Recovery Fund. Soldi, lo ricordiamo, che andranno restituiti. E nonostante ciò che quegli stessi apparati mediatici che stanno spingendo con la propaganda anti-Russia vorrebbero farci credere, non esistono contributi a fondo perduto.
In sostanza abbiamo accettato il commissariamento del nostro Paese per ottenere dei prestiti.
In tale ottica vanno viste la Riforma della Giustizia varata dal Governo italiano nella figura della ministra della Giustizia Marta Cartabia, definita “la peggiore riforma degli ultimi 30 anni” da moltissimi magistrati italiani, soprattutto quelli più esposti nel contrasto alla mafia e nella denuncia alla corruzione politica all'interno delle nostre istituzioni. Ma anche il DDL “Concorrenza”, che rende quasi obbligatorio per gli enti locali privatizzare beni e servizi pubblici essenziali come acqua, trasporti, rifiuti.
Del resto, già il 5 agosto 2011, Mario Draghi e Jean Claude Trichet (rispettivamente Presidente in entrata e in uscita della BCE) avevano inviato una lettera di raccomandazioni all’allora governo guidato da Silvio Berlusconi, in cui venivano raccomandate “privatizzazioni su larga scala”, tagli alla
Spesa Pubblica, pareggio di bilancio in Costituzione (cosa che farà poi Mario Monti, con l’approvazione del Fiscal Compact).
E, come ciliegina sulla torta, tra poco arriverà anche la “Spending Review”. Un parolone che sembra complicato, ma che in realtà nasconde provvedimenti molto semplici: tagli, tagli e tagli. Tagli alla spesa pubblica, alla sanità, all’istruzione, ai sussidi alla disoccupazione. Perché si sa, dopo 40 anni, non è ancora abbastanza.

La distruzione economica programmata dell’Italia

Ma Mario Draghi, e il governo da lui guidato, sono arrivati nel momento peggiore per l’economia italiana. Solo nel 2020, a causa del lockdown, hanno chiuso circa 300.000 imprese. E la situazione, a causa del rincaro dei costi delle materie prima, oggi è ancora peggiore. Nel primo trimestre 2022, infatti, elettricità e gas subiranno aumenti rispettivamente del 55% e del 41,8%. Questo significa aumenti dei prezzi di tutti i beni al consumo, fallimento di aziende, aumento della disoccupazione in una situazione in cui già 5,6 milioni di italiani vivono in condizioni di povertà assoluta. Non solo. Questa situazione rischia di tramutarsi in una vera e propria nuova “Grande Crisi”, addirittura peggiore di quella del 2008.
Del resto, Mario Draghi e il Group of Thirty, la lobby che racchiude in sé i 39 banchieri più importanti al mondo, ce lo avevano già detto. Nel documento rilasciato a dicembre 2020, “Reviving and Restructuring the Corporate Sector pos Covid. Designing Public Policy Interventions”, questi signori ci hanno chiaramente detto che la classe media deve sparire, e che nessuno la aiuterà. Bisogna aiutare le “aziende zombi” a fallire, attraverso un processo di “distruzione creativa”.
Le conseguenze sono presto dette: i poveri aumenteranno, la gente sarà lasciata a sé stessa, i disoccupati saranno sempre di più. La situazione che stiamo vivendo è il simbolo del fallimento del modello basato sul denaro. È il simbolo del fallimento del mercato. Il problema, ora, è che siamo sull’orlo del baratro, ma questi signori sembrano non volersi fermare. E stiamo per precipitarci dentro.

 

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