Di Elena Borsellino
Le gravi dichiarazioni di Mario Draghi sulla possibile riapertura delle centrali a carbone hanno suscitato la rabbia e le proteste di tutto il mondo ambientalista italiano. La drastica manovra è stata descritta dal presidente del Consiglio come “necessaria”, “per colmare eventuali mancanze nell’immediato”. L’obiettivo sarebbe “calmierare ulteriormente il prezzo dell’energia”, per fare fronte ai gravi rincari che hanno colpito il settore energetico dopo lo scoppio del conflitto tra Russia ed Ucraina. Per niente rassicuranti sono state anche le garanzie presentate dal ministro della cosiddetta “transizione ecologica”, Roberto Cingolani. Tale misura, infatti, è stata solo parzialmente esclusa dal ministro, il quale ha specificato che, in caso di aggravamento, “si potrebbero mandare a pieno regime le due centrali principali ancora in funzione: Brindisi e Civitavecchia”. L’unico motivo per cui per ora non è stata confermata la procedura è perché “la spesa non varrebbe l’impresa”. Non tanto, quindi, perché significherebbe compiere un enorme passo indietro in quella che dovrebbe essere la principale preoccupazione del suo ministero, la transizione ecologica.
Ciò che tutti ci chiediamo, giustamente, è come sia possibile anche solo concepire una simile idea, vista e considerata la gravissima crisi ecologica in cui il nostro Paese e il mondo intero sta sprofondando giorno dopo giorno.
Il premier si è espresso anche sul gas che, secondo il Presidente, rimane “essenziale come combustibile di transizione”. Draghi, infatti, ha dichiarato che nel prossimo futuro sarà necessario aumentare la produzione nazionale di gas fossile, perché “il gas prodotto nel proprio Paese è più gestibile e può essere meno caro”. Rispetto a questo, il ministro Roberto Cingolani ha spiegato che sono in cantiere nuove strutture per il gas naturale liquefatto. In particolare, verrà installato un primo rigassificatore galleggiante, verrà aumentata l’efficienza dei tre rigassificatori attuali e verranno costruite ulteriori nuove strutture nel corso dei prossimi due anni. Il ministro ha assicurato, poi, che “consumeremo lo stesso gas di oggi”, nonostante cambieranno i metodi e le infrastrutture.
L’unico vero punto a non essere mai stato toccato nei discorsi di Draghi e di Cingolani è stato quello della Transizione Ecologica, quella vera, alla quale proprio il premier ha dedicato ipocritamente un intero Ministero.
Cingolani ha ricevuto i ringraziamenti del presidente del consiglio stesso durante il discorso di due settimane fa, “per il lavoro che svolge quotidianamente su questo tema così importante per il nostro futuro”.
Lo stesso ministro, però, non ha mai ricevuto alcun ringraziamento da parte degli ambientalisti italiani, perché protettore degli interessi delle grandi lobby piuttosto che del benessere dell’ambiente e della cittadinanza. Indimenticabile è il suo passato: nel 2019, infatti, Cingolani ha ricoperto la carica di Responsabile Tecnologie e Innovazione per l’azienda costruttrice di armi, Leonardo.
Fino ad ora, Cingolani non ha deluso le aspettative, quelle negative purtroppo, che già tutti si aspettavano dopo la lettura del suo curriculum. Durante il proprio incarico, infatti, il ministro ha fatto parlare di sé per la grande apertura alle trivelle, per le dichiarazioni favorevoli all’utilizzo del nucleare e tanto altro.
Come il premier, Cingolani ha confermato l’intenzione del governo di aumentare gli investimenti nelle fonti di energia rinnovabili, con lo scopo di mantenere l’obiettivo di decarbonizzazione al 55% entro il prossimo decennio.
Il fattore che più preoccupa però, ascoltando i discorsi dei nostri politici, è senza dubbio la mancanza di consapevolezza: nelle parole di Draghi e di Cingolani emerge, infatti, come la politica sia ancora convinta di avere decenni, se non di più, a disposizione per una adeguata transizione ecologica.
Il problema è che questa possibilità poteva essere plausibile, anche se non accettabile, cinquant’anni fa, ma non oggi. Ormai il tempo è agli sgoccioli e nemmeno la grave crisi energetica che ha colpito il nostro Paese, e non solo, sembra aver aperto gli occhi ai nostri governanti.
La transizione ecologica non può attendere. Se oggi siamo a secco di energia non è colpa solo del conflitto tra Russia e Ucraina, ma piuttosto dell’incapacità e della mancanza di volontà della nostra politica di guardare al futuro. Dobbiamo capire che l’unico modo che abbiamo per limitare danni irreversibili, è agire subito, agire in modo drastico e agire ascoltando ciò che il mondo scientifico sta denunciando e chiedendo da anni.
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