Di Arianna Viola
Nel Recovery Plan stanno confluendo ingenti somme di denaro, ma le proposte per mettere in atto la transizione ecologica sono mediocri e non garantiscono la sostenibilità prevista.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, abbreviato in PNRR (nella versione inglese Recovery Plan), è il piano approvato nel 2021 dall’Italia per rilanciare l’economia del Paese a seguito del duro colpo subito con la pandemia da Covid-19. Il piano si ripropone anche di favorire ed incentivare lo sviluppo verde e digitale dell’Italia.
Il PNRR è parte integrante del programma dell’Unione europea noto come Next Generation EU, un fondo di investimenti da 750 miliardi di euro che ha il compito di risollevare l’economia europea. Di questi 750 miliardi di euro, all’Italia sono stati assegnati 191,5 miliardi.
Il piano si compone di sei missioni. La transizione ecologica figura come seconda missione e ad essa sono stati assegnati 59,47 miliardi di euro. Parte di questi soldi serviranno per l’adozione della strategia nazionale per l’economia circolare, per i fondi relativi alla cultura e alla consapevolezza sui temi e le sfide ambientali e per quelli per la ricerca e lo sviluppo nel settore dell’idrogeno. Serviranno, inoltre, per l’introduzione di incentivi fiscali finalizzati alla produzione e al consumo dell’idrogeno verde nei trasporti. Tutte queste misure devono essere adottate entro giugno 2022. Così descritta, la situazione sembra idilliaca: finalmente sono state investite importanti quantità di denaro per una questione altrettanto importante ed urgente, la transizione ecologica.
Ma è davvero così?
“Sui Recovery Plan stanno confluendo tanti soldi, ma non abbastanza denaro viene usato per lo sviluppo di energie pulite”, queste sono le parole di Fatih Birol, direttore esecutivo dell’Agenzia internazionale per l’energia (IEA) e del neonato Sustainable Recovery Traker, nell’intervista per la Repubblica di luglio 2021.
“Come IEA avevamo suggerito che le energie pulite, prive di emissioni di CO2, dovessero essere al centro dei piani nazionali di ripresa”, continua Birol, “ma quando siamo andati a verificare abbiamo trovato una realtà ben diversa: complessivamente sono stati mobilitati 16.000 miliardi di dollari in tutto il mondo, un sesto del PIL mondiale. Ma di tutto questo fiume di denaro solo il 2% è stato investito in energie pulite: eolico, solare, idrogeno”.
La situazione che ci si prospetta dinnanzi non è quindi così positiva come speravamo e le parole conclusive del direttore esecutivo della IEA lo confermano: “Quello che stiamo facendo in Europa o negli Usa non sarà sufficiente”.
Anche l’Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASVIS), in tempi più recenti, è arrivata alla stessa conclusione. Come affermano Marcella Mallen e Pierluigi Stefanini, presidenti dell’ASVIS, il PNRR e la Legge di Bilancio 2022 non prendono adeguatamente in considerazione gli Obiettivi dell’Agenda 2030 su energia, acqua, protezione degli ecosistemi e lotta al cambiamento climatico. Queste sono le loro parole: “Il PNRR, da solo, non basta. Le crisi che stiamo vivendo e quelle che dovremo affrontare devono stimolarci a prendere decisioni coraggiose e accelerare la transizione ecologica. Dopo anni di disattenzione abbiamo scoperto la nostra eccessiva dipendenza dal gas, in particolare da quello russo. Siamo consapevoli di dover ridurre la dipendenza dalle energie fossili e di accelerare la transizione verso le rinnovabili e verso la riduzione dei consumi. Dobbiamo urgentemente compiere scelte capaci di mitigare la crisi climatica e adattarci ai cambiamenti della biosfera di cui ogni giorno si vedono gli effetti.”
Il Direttore esecutivo dell'Agenzia internazionale dell'energia, Fatih Birol.
Ad aggravare ulteriormente la situazione concorrono i colossi energetici italiani, che puntano a far sentire la propria voce nel capitolo della transizione ecologica, per plasmarla secondo i loro interessi. Basti pensare che da luglio 2020, quando si è iniziato a parlare di Recovery Plan, fino ad oggi, l’industria fossile italiana è riuscita ad ottenere 102 incontri con i ministeri incaricati di redigere il piano (si parla di circa due incontri a settimana).
E questi incontri non sono stati vani, purtroppo.
Esplicativa in questo senso è la vicenda dell’idrogeno blu. L’idrogeno è stato da sempre un elemento centrale per la transizione ecologica. Inizialmente, gli investimenti sembravano orientati verso l’idrogeno “verde”, ottenuto da fonti rinnovabili, ma presto le pressioni del comparto fossile hanno fatto sì che gli investimenti volgessero, a partire da gennaio 2021, verso l’idrogeno “blu”, prodotto dal metano.
“Prevedere il solo sviluppo di idrogeno verde rischia di rappresentare un esempio di mancata corretta valutazione dei costi e dei benefici” hanno dichiarato Assogas, Confindustria e Anigas, seguite da ARERA, l’ente regolatorio per l’energia, che afferma: “L’idrogeno verde rischierebbe di distrarre le risorse destinate alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili”.
In accordo con loro vi è anche il ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, che, non a caso, nomina come sua sottosegretaria Vannia Gava, apertamente favorevole al fossile.
Risulta, dunque, evidente che ai colossi energetici italiani poco importa della transizione ecologica. Fortunatamente, essa è importante per la Commissione europea, che a maggio 2021, dopo aver visionato il PNRR, ha preteso l’esclusione dal piano dell’idrogeno blu.
Questa vicenda ci permette di comprendere quanto le multinazionali del fossile ancora abbiano un enorme potere decisionale, anche in merito alla transizione ecologica, alla quale cercano di sottrarre risorse.
In conclusione, possiamo affermare che il PNRR ha stanziato ingenti somme di denaro per la transizione ecologica, ma le scelte prese hanno un impatto positivo sull’ambiente minimo o addirittura nullo, che viene vanificato ulteriormente dai colossi energetici italiani, che tentano di rallentare il più possibile la transizione ecologica. Questa è la situazione che ci si pone dinnanzi, situazione che non è così idilliaca come pensavamo e speravamo.
L'attuale ministro della transizione ecologica, Roberto Cingolani.
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