Di Giuseppe Puleri
Abbiamo avvelenato tutto, persino parti interne del nostro corpo. E sono dati scientifici a dimostrarlo. In effetti, uno studio recente condotto dalla Vrije Universiteit di Amsterdam ha rilevato la presenza di microplastiche all'interno del sangue umano. Parliamo di minuscoli frammenti di plastica che sono stati dispersi nell'ambiente, accidentalmente e non, per poi entrare a far parte della catena alimentare e successivamente finire nel corpo umano.
Lo studio è stato condotto su 22 volontari adulti sani: nel sangue in circolo in metà di loro, sono state trovate particelle di PET (resina termoplastica); in un terzo, particelle di polistirolo; in un quarto particelle di polietilene.
Il pianeta è letteralmente invaso dalla plastica tanto che è arrivata persino dentro il nostro apparato circolatorio. Non è più possibile negare l'evidenza: l'uomo sta distruggendo e avvelenando tutto ciò che lo circonda, dalle città agli oceani. Lo ha mostrato l'analisi della NASA che predice un futuro invivibile a causa dei cambiamenti climatici; lo ha confermato l'ultimo volume del sesto rapporto del forum intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) che ha voluto allarmarci prima dell'inevitabile.
Abbiamo ancora tre anni per agire, per arginare i danni causati dalle attività umane, che colpiscono la terra, gli oceani, le specie vegetali e animali, ma anche e soprattutto noi stessi.
La domanda che dobbiamo porci è quali conseguenze sulla nostra salute avrà tutto ciò?
Si tratta di una gravissima modifica alla composizione del sangue umano dovuta all’inquinamento che è arrivato fin dentro al nostro corpo. Questa scoperta dovrebbe farci capire quanto profondamente stiamo intaccando l'equilibrio delle nostre vite e della natura.
Saranno necessari nuovi studi di approfondimento riguardo all'impatto di queste particelle plastiche sulla salute umana. Ma il professore Dick Vethaak, un ecotossicologo della Vrije Universiteit Amsterdam, ha detto al Guardian che "è certamente ragionevole preoccuparsi: le particelle sono lì e vengono trasportate in tutto il corpo". È stato, infatti, già dimostrato come le microplastiche danneggino le cellule umane in laboratorio.
Inoltre, uno studio condotto da Kurunthachalam Kannan della New York University School of Medicine, ha rinvenuto dei frammenti di plastica nelle feci dei neonati, in alcuni casi addirittura in quantità maggiore rispetto a quanto si riscontra negli adulti.
I bambini hanno la tendenza di mettersi in bocca giocattoli o qualsiasi altra cosa, ma basta pensare al fatto che gli alimenti stessi nella maggior parte dei casi vengono serviti attraverso bottiglie o contenitori di plastica. Insomma, i bambini, così come gli adulti, sono circondati dalla plastica.
Era, quindi, già noto al mondo scientifico come l'essere umano ingerisse e respirasse microplastiche praticamente quotidianamente. Ma adesso la situazione è ben diversa e sicuramente più grave: la plastica è dentro il nostro sangue.
Quindi cosa si può fare per evitare tutto ciò? Stare molto attenti, certamente, a ciò che consumiamo, ma è necessario anche un cambiamento sistemico: la società non può fondarsi sull'utilizzo delle plastiche monouso.
L’inquinamento da plastica è uno dei più grandi problemi ambientali attuali e questa scoperta ne è ulteriore prova. È un materiale derivato da petrolio e metano che necessita di centinaia di anni per decomporsi, seppure molto spesso l’oggetto che compone viene utilizzato una sola volta e per breve tempo, come una busta di plastica o una bottiglia d’acqua. Secondo National Geographic, “metà di tutta la plastica prodotta è stata realizzata solo negli ultimi 15 anni”: la produzione è aumentata esponenzialmente negli ultimi anni fino a raggiungere 448 milioni di tonnellate nel 2015 e questo dato dovrebbe raddoppiare entro il 2050.
Le microplastiche, frutto della degradazione degli oggetti in plastica, sono ovunque: nei bacini d’acqua, nell’aria, nei sistemi fognari e, ora, anche dentro il nostro sangue.
Il nostro sistema produttivo si basa in misura eccessiva sulla plastica: dobbiamo limitarne l’utilizzo nella nostra vita quotidiana, ma soprattutto richiedere una limitazione a livello industriale.
Di alternative sostenibili ne esistono da anni: dai materiali tradizionali, come alluminio o vetro, alle bioplastiche, ossia materiali biodegradabili o a base biologica. Le invenzioni che si pongono come obiettivo limitare l’utilizzo della plastica sono innumerevoli: un eco-tessuto derivato dagli scarti del cocco, degli imballaggi a base di alghe, borse della spesa e posate fatte di fecola di patate, e così via. Insomma, le soluzioni ci sono, ma è necessario che le industrie e gli investitori in primis compiano un grande passo e si allontanino dalla plastica.
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