Scritto da: Di Marta Capaccioni
Our Voice e altri attivisti internazionali riuniti a Bruxelles in difesa di Julian Assange
"Noi esigiamo la liberazione di Julian Assange ora! Che diritto ha il governo inglese di mandare a morire un uomo che ha come unico 'crimine' quello di aver detto la verità al mondo?! Alla ministra Priti Patel chiediamo di non rimanere seduta sulla sedia del dissenso, della sottomissione ai poteri forti, criminali assassini. Non firmi l'estradizione di Julian Assange. Vogliamo la sua liberazione". Così Sonia Bongiovanni, leader del Movimento Culturale Our Voice intervenuta sul palco dell’“EU Free Assange Rally & Concert” svoltosi a Bruxelles in difesa del fondatore di Wikileaks Julian Assange. A fianco a lei anche Jamil El Sadi, giovane attivista di Our Voice, ed altri giovani artisti e artiste (Stefano Centofante, Mattia e Chiara Lautieri) che nel pomeriggio si sono esibiti con una coreografia aprendo il flash mob coordinato da Davide Dormino (scultore e autore dell’opera “Anything to Say?”) a cui ha aderito anche Stella Moris Assange - moglie di Julian Assange - la quale ai nostri microfoni ha detto: “Non fermatevi finché non sarà libero. Siamo molti. Siamo persone dignitose che combattono per una cosa giusta. Questa è la cosa più ispiratrice che possiamo fare. C’è un senso nella lotta. Perciò continuate a lottare. Continuate a lottare finché lui non sarà libero!”.
Da Place de la Monnaie è stato lanciato un urlo, un grido, un coro unico: “No all’estradizione di Julian Assange”. Il giornalista australiano rischia una pesantissima condanna per aver contribuito a diffondere documenti riservati su crimini di guerra commessi dalle forze americane in Iraq e Afghanistan. Su di lui pendono 17 capi d’accusa, da 10 anni di detenzione ciascuno, per un totale di 175 anni di prigione circa, per aver rivelato, tramite la piattaforma Wikileaks, segreti di Stato sulle cosiddette “guerre al terrore” USA in Medio Oriente mettendo a nudo i crimini contro l’umanità commessi dall’Occidente in Afghanistan, appunto, e Iraq.
Ed ecco il leitmotiv che ha spinto attivisti e artisti di tutto il mondo a realizzare il più grande evento dell’anno sul Caso Assange. Una manifestazione supportata dalla campagna ufficiale per il rilascio del giornalista australiano, “DEA - Don't Extradite Assange” - e dalle principali organizzazioni di sostegno per i diritti umani e la libertà di informazione: Amnesty International, Reporters sans frontières (RSF) e la Federazione Internazionale dei Giornalisti (IFJ).
La leader di Our Voice, Sonia Bongiovanni, insieme all'attivista Jamil El Sadi
“Pretendiamo che i Paesi europei non siano più dipendenti dalla politica guerrafondaia e imperialista statunitense, che continua ancora oggi con il governo di Joe Biden - ha continuato Sonia Bongiovanni dal palco -. Vogliamo che i nostri paesi escano dalla Nato e che costruiscano una comunità europea, non basata su meri interessi economici e finanziari, ma in grado di farsi portavoce di un vero messaggio di unione, pace e di democrazia in tutto il mondo”. “Assange ha squarciato il velo di menzogne e retoriche tessuto sulle potenze occidentali, le sedicenti ‘esportatrici di democrazia’.
Ha smontato la macchina della propaganda americana in tempo reale: non dopo 30 anni, quando non importa più a nessuno - ha detto Jamil El Sadi -. Ha scoperto anche episodi di corruzione, maxievasioni fiscali, ingenti traffici di armi, sfruttamenti illegali di risorse energetiche da parte di colossi industriali in paesi in via di sviluppo e i più occulti intrighi di potere. Tutto questo reso accessibile con un click a chiunque ne sia interessato. Per questo motivo, nei confronti di Assange e dei suoi più stretti collaboratori è in atto una vera e propria ‘Caccia alle streghe’ iniziata oltre dieci anni fa e tutt’ora in corso”.
L’evento ha assunto ancora più rilevanza a seguito della decisione della Westminster Magistrates’ Court di Londra la quale, lo scorso 20 aprile, ha emesso formalmente l'ordine di estradizione negli Usa per il fondatore di Wikileaks. Estradizione che va impedita ha ribadito con forza Jamil El Sadi dal palco, “dobbiamo chiedere e pretendere la sua immediata scarcerazione e l’archiviazione di tutti i suoi capi d’accusa. A maggior ragione ora che la Westminster Magistrates’ Court di Londra ha emesso formalmente l’ordine di estradizione passando il dossier nelle mani del ministro dell’Interno Priti Patel”. E ancora: “È importante fare pressione politica e sociale sul ministro dell’interno Priti Patel, sul governo di Boris Johnson, sulla CEDU, sull’Alta Corte e su ogni organo del diritto internazionale capace di porre un contraddittorio contro l’arrogante onnipotenza degli Stati Uniti d’America, dei suoi Paesi satelliti e di quelli che servono lo stesso sistema e le stesse logiche di potere”.
Quello di Assange è un caso politico che apre la strada ad un nuovo maccartismo statunitense. La persecuzione messa in atto pone l’umanità alla vigilia di un punto di non ritorno dinnanzi al quale è necessario cambiare rotta. Il caso Assange è il segno della brutalità dei tempi. È l'inquisizione del XXI secolo e, in quanto tale, la sua estradizione segnerà un “prima” e un “dopo” per la libertà di espressione, di informazione e di pensiero dinnanzi alla quale saremo chiamati tutti a domandarci: “Ma io cos’ho fatto per impedire tutto ciò?”
Rispettivamente nelle foto sopra: l'artista Davide Dormino; Davide Dormino insieme a Stella Moris Assange; Place de la Monnaie
In copertina Sonia Bongiovanni, leader del Movimento
Foto © Our Voice/Pietro Calligaris