L’Europa in rotta di collisione verso la guerra con la Russia
Sull’Europa tornano a soffiare i venti minacciosi di un conflitto su vasta scala come avvenuto nella Seconda Guerra Mondiale. Non è più un film di fantascienza, ma una realtà sempre più concreta, avallata dalle esternazioni dei leader dell’Alleanza Atlantica, ormai proni ad assecondare un piano di riarmo diretto a questo drammatico futuro.
È lo scenario descritto dal primo ministro ungherese Viktor Orban: “Prima delle due guerre mondiali, i media si preparavano a lungo all’entrata in guerra. Penso che ciò che accade oggi a Bruxelles e a Washington, ma più a Bruxelles che a Washington, sia una sorta di preparazione del sentimento per una guerra mondiale. Possiamo tranquillamente dire che sono in corso i preparativi per l’entrata in guerra dell’Europa, questo sta accadendo nei media e nelle dichiarazioni dei politici”, ha detto il politico a Radio Kossuth, sottolineando che non ritiene probabile che la Russia attacchi un paese della NATO e che parlare di “minaccia russa” è una manovra dell'Occidente per prepararsi all'entrata in guerra.
Senza rivelare dettagli il primo ministro ha aggiunto che gruppi di lavoro presso la sede della NATO a Bruxelles stanno ora studiando come l'Alleanza possa prendere parte al conflitto in Ucraina. Ovviamente quella di Orban non è una posizione bipartisan, ma le sue dichiarazioni trovano conferma nelle strategie e nelle dichiarazioni dei leader europei.
I governi europei, infatti, stanno spendendo sempre di più in ambito militare. “Nel 2024, gli alleati della NATO in Europa investiranno un totale complessivo di 380 miliardi di dollari nella difesa. Per la prima volta, ciò equivale al 2% del loro Pil combinato”, aveva affermato il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg.
Nel merito, anche il presidente serbo Aleksandar Vucic si è detto molto preoccupato.
“Temo che ci sia poco tempo prima che la guerra in Ucraina finisca, spero che ciò sia possibile, ma temo che non sia così, temo che il treno sia già partito dalla stazione e nessuno lo fermerà. La mia valutazione è che le cose saranno molto più difficili, molto peggiori e che potrebbe verificarsi una tragedia più grande di quella della seconda guerra mondiale", ha affermato alla televisione Prva, osservando che vorrebbe sbagliarsi nelle sue previsioni, ma i fatti, costruiti “secondo la logica del ferreo determinismo”, indicano un approccio a un conflitto mondiale globale.
"Non dimenticate, quando la macchina da guerra accelera, c'è una lobby militare e una lobby delle armi che chiedono un'escalation, ed è difficile fermarla. Pertanto, penso che ora sia l'ultimo momento per qualcuno di provare a fare qualcosa concreto per fermarlo e non ha scaricato la colpa sull’altra parte. Se ciò non verrà fatto, temo che andremo verso il disastro”, ha concluso Vucic.
Ma quali sono i segnali che indicano la preparazione di un conflitto europeo su vasta scala? La lista si allarga ogni giorno di più.
Il maggiore coinvolgimento della NATO nel conflitto
Una crescente schiera di Paesi membri dell’Alleanza ha dato appoggio a Kiev per avvalersi dei sistemi d’arma occidentali forniti nel corso del conflitto per sferrare attacchi in profondità in territorio russo. La svolta giunge a coronamento delle pressioni esercitate da Stoltenberg che, il 27 maggio scorso, aveva lamentato il fatto che “l’Ucraina non può attaccare obiettivi militari” oltre confine. “Ciò significa che gli ucraini hanno le mani legate. Vengono attaccati dal territorio russo e non possono rispondere perché ci sono restrizioni sull’uso delle armi. Spetta agli alleati decidere sulle restrizioni alle armi che loro forniscono all’Ucraina, e non alla Nato. Il mio messaggio è di riconsiderare queste restrizioni”.
Pochi giorni dopo il presidente Joe Biden ha annunciato che l'Ucraina ha ricevuto l'autorizzazione da parte di Washington ad usare le armi ricevute, senza limitazioni di sorta per i missili a corto raggio, nel territorio di Mosca antistante all’oblast di Kharkiv.
Anche Parigi e Berlino si sono schierate subito dalla parte di Stoltenberg.
Macron ha chiarito che la suddetta concessione sia da estendere solo alle basi da cui partono gli attacchi di Mosca, ma che non debba coinvolgere civili o altri obiettivi militari.
Recentemente ha anche annunciato che prevede di addestrare ed equipaggiare una brigata delle forze armate ucraine, composta da 4500 uomini e trasferire 5 caccia Mirage-2000, addestrando i piloti di Kiev in 5-6 mesi.
“Pensiamo che dovremmo consentire all’Ucraina di neutralizzare le basi da cui partono i razzi”, così si è espresso, a nome dell’asse franco-tedesco, il presidente francese Emmanuel Macron, forte dell’appoggio del cancelliere Olaf Scholz che ha acconsentito, di comune accordo con il capo dell’Eliseo, alla possibilità di colpire le basi di Mosca oltre confine.
I Paesi baltici e la Polonia, dal canto loro, hanno addirittura manifestato la disponibilità a trasferire le proprie forze armate in Ucraina al di fuori della cornice atlantica, mentre il comandante in capo delle forze armate ucraine Aleksandr Syrs’kyj ha ufficializzato l’accordo con Parigi implicante l’invio di istruttori militari francesi.
La reazione del Cremlino
I commenti di Mosca non si sono fatti attendere al superamento di questa nuova linea rossa.
Putin, durante un’intervista organizzata dalla Tass, ha assicurato che Mosca potrebbe reagire all'uso da parte di Kiev di missili occidentali contro il suo territorio fornendo a sua volta le stesse armi a paesi terzi, che potrebbero a loro volta schierare missili contro l’Occidente.
“Pensiamo che se qualcuno pensa che sia possibile fornire tali armi ad una zona di guerra per colpire il nostro territorio e crearci problemi, perché non abbiamo il diritto di fornire le nostre armi della stessa classe a quelle regioni del mondo dove ci saranno attacchi alle strutture sensibili di quei paesi che stanno facendo questo contro la Russia? Quindi la risposta potrebbe essere asimmetrica. Ci penseremo”, ha dichiarato il leader del Cremlino, delineando uno scenario ancora più apocalittico per il futuro della guerra.
Intanto, come annunciato dal Ministero delle Forze Armate Rivoluzionarie di Cuba, un gruppo di navi della Marina russa arriverà al porto dell'Avana per stanziarvici dal 12 al 17 giugno.
“Nessuna delle navi trasporta armi nucleari, quindi la loro permanenza nel nostro Paese non rappresenta una minaccia per la regione”, afferma il Ministero cubano, assicurando che, nel rispetto delle regole internazionali, i marinai russi visiteranno il comandante della Marina cubana e il governatore dell'Avana.
Un grave attacco alle capacità di deterrenza nucleare russa: la stazione di Armavir
Mentre l’Occidente discuteva sulla possibilità di effettuare attacchi in territorio russo Kiev compiva un’operazione in grande stile, colpendo l'imponente stazione radar di Armavir lo scorso 23 maggio, con almeno 4 droni che hanno percorso 1800 km oltre il confine.
I danni alla stazione hanno trovato conferma dalle immagini satellitari scattate da Planet Labs il 23 maggio, in quella che rappresenta un’incursione che ha compromesso una struttura che fa parte del sistema di allerta precoce dei missili balistici nucleari in Russia!
L'enorme antenna di Armavir, nella zona di Krasnodar, fa parte infatti di uno dei capisaldi della rete d’allarme che individua i missili balistici diretti verso la Russia.
La stazione, situata nel Kraj di Krasnodar in Russia, è gestita dalle Forze Spaziali Russe ed ospita due radar Voronezh-DM, uno orientato a sud-ovest e l'altro a sud-est, coprendo il Medio Oriente. Il Voronezh-DM opera nella banda UHF ed ha una portata dichiarata di circa 4.200 chilometri. Nel 2013 la base ha rilevato lanci balistici nel Mediterraneo, dimostrando la sua importanza strategica. Si tratta di un attacco che, teoricamente, già oltrepasserebbe le “linee rosse” per l’uso della bomba atomica.
La Nato si prepara alla guerra, abbiamo tempo fino al 2029!
La pianificazione della guerra è in pieno svolgimento ma, mentre in Ucraina vengono oltrepassate progressivamente nuove pericolose linee rosse nella partecipazione della Nato nel conflitto, esacerbando la tensione con Mosca, l’Occidente addita le responsabilità di una futura guerra totale solamente a Vladimir Putin.
“Non si fermerà all’Ucraina” e quindi “dobbiamo essere in grado entro il 2029 di affrontare una guerra”, ha sostenuto oggi il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius, parlando davanti al Bundestag.
“In uno scenario serio abbiamo bisogno di donne e uomini in grado di difendersi e che possano difendere questo Paese”, ha spiegato sottolineando che “dobbiamo fare deterrenza per evitare che si arrivi al peggio”.
Per Pistorius in Germania ora vigeranno tre nuovi pilastri della difesa, incentrati su un maggior numero di soldati, più armi e maggiori risorse per il comparto che renderanno necessarie “nuove forme di servizio militare”, per il quale saranno presentate delle proposte, anche per quanto riguarda le forme di obbligatorietà.
Il capo del ministero della Difesa norvegese, Eirik Kristoffersen, delinea tempi ancora più brevi, sostenendo che la Nato avrà bisogno di 2-3 anni per rafforzare la propria difesa, in vista dello scontro con Mosca
“A un certo punto qualcuno ha detto che ci sarebbero voluti 10 anni, ma penso che siamo tornati a meno di 10 anni a causa della base industriale che attualmente opera in Russia. Ci vorrà del tempo, il che ci darà l’opportunità, nei prossimi due o tre anni, di ricostruire le nostre forze e le nostre forniture, sostenendo allo stesso tempo l’Ucraina. Dobbiamo farlo con due o tre anni di anticipo per assicurarci di essere preparati a tutto ciò che potrebbe accadere”, ha detto Kristoffersen, chiedendo maggiori spese per la difesa.
Una nuova dottrina che sta diventando prassi per tutti i Paesi europei, mentre viene incalzata una maggior partecipazione al conflitto di Kiev, senza tenere in minima considerazione qualunque opzione diplomatica; tra l’altro rilanciata a Pechino dallo stesso leader del Cremlino il 17 maggio scorso, lasciando posto ad un imbarazzato silenzio da parte di tutti i leader euro-atlantici.
L’accordo mancato dall’Occidente
Anche al recente forum economico di San Pietroburgo Putin ha ribadito che Mosca sarebbe pronta alle trattative basate sui colloqui di Istanbul del 2022 tenendo però conto delle “nuove realtà“.
La rivista Foreign Affair aveva pubblicato i punti del trattato, individuando un fallimento dei colloqui tra Russia e Ucraina, anche a causa del sostegno occidentale alla guerra, rafforzando la convinzione di Zelensky di poter respingere l'attacco russo grazie alle armi della Nato. Davyd Arakhamiia, capo della delegazione ucraina, ha dichiarato che Putin era disposto a terminare la guerra se l'Ucraina avesse accettato la neutralità. Tuttavia il primo ministro inglese, Boris Johnson, durante una visita a Kiev, a seguito dei negoziati, avrebbe dissuaso l'Ucraina dal firmare qualsiasi accordo con la Russia, spingendo Kiev a puntare su una vittoria decisiva grazie al supporto bellico occidentale.
La bozza di Istanbul, pubblicata da Foreign Affair, prevedeva che l'Ucraina rinunciasse a qualsiasi adesione ad alleanze militari o alla presenza di basi militari straniere sul suo territorio. I garanti della sicurezza sarebbero stati i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, insieme a Canada, Germania, Israele, Italia, Polonia e Turchia, con l'obbligo di fornire assistenza all'Ucraina in caso di attacco.
Chiaramente, la questione fondamentale che ha innescato il conflitto, riguardava proprio l’espansione della Nato verso Est, per la quale Mosca vedeva nella futura adesione di Kiev, una linea rossa invalicabile. Fattore confermato dallo stesso segretario generale dell’Alleanza Jens Stoltenberg alla Commissione affari esteri del parlamento europeo nel settembre 2023.
Il piano dell’Alleanza per trasferire la logistica militare al confine
Nuove carte scoperte vengono giocate sul banco del confronto con la Russia. The Telegraph ha rivelato l'esistenza di un piano della NATO, volto a sviluppare molteplici “corridoi terrestri” per portare le truppe e i mezzi blindati statunitensi in prima linea nel caso di una grande guerra di terra europea contro Mosca.F
Secondo la pubblicazione, le rotte logistiche sono diventate una priorità chiave da quando i leader dell'Alleanza hanno deciso, in occasione del vertice di Vilnius, in Lituania, lo scorso anno, di predisporre 300.000 soldati da tenere in uno stato di elevata prontezza per difendere l’Alleanza.
In sostanza, nel caso di un’invasione russa della NATO, le truppe americane verrebbero inizialmente inviate al porto di Rotterdam prima di essere trasferite verso est. Tuttavia, "si stanno prendendo accordi dietro le quinte per espandere le rotte verso altri porti, in modo da garantire che la linea di comunicazione terrestre non possa essere interrotta dalle forze russe", continua la pubblicazione.
“Dai porti italiani, le truppe statunitensi potrebbero essere trasportate via terra attraverso la Slovenia e la Croazia fino all’Ungheria, che confina con l’Ucraina”, continua la pubblicazione. Piani simili sono previsti per trasportare forze dai porti turchi e greci attraverso la Bulgaria e la Romania, per raggiungere il fianco orientale dell'alleanza.
La strategia occidentale in Ucraina può portare all’escalation
Linee rosse scavalcate, piani di guerra a lungo termine, nuove armi, addestratori, caccia a Kiev; davvero una possibile deflagrazione su tutto il continente europeo arriverebbe dagli intenti di Mosca?
La risposta ci arriva niente meno che da analisti del calibro di Jeremy Shapiro e Samuel Charap, rispettivamente direttore della ricerca presso l’European Council on Foreign Relations e responsabile dell’area russa ed eurasiatica presso la Rand Corporation.
Sulle pagine del Washington Post, gli esperti sostengono che la Russia starebbe effettivamente vincendo la guerra quindi è improbabile che Putin corra il rischio di provocare un conflitto diretto con gli Stati Uniti e i suoi alleati, ma aggiungono che la strategia reattiva di Biden alle mosse militari di Mosca, tra cui la recente offensiva su Kharkiv, non è realmente porre fine al conflitto.
“Un giorno, una delle parti potrebbe finalmente inciampare su una vera e propria linea rossa, che potrebbe portare esattamente alla grande escalation che l’amministrazione Biden ha cercato di evitare”, affermano gli analisti, secondo cui imporre “costi” ulteriori alla Russia in assenza di un processo di trattative renderà inevitabile un’ulteriore escalation nel prossimo futuro.
Il G7 e l’utilizzo dei beni russi congelati per il sostegno a Kiev
Durante il 50° vertice del G7, svoltosi dal 13 al 15 giugno 2024 in Italia, in provincia di Brindisi, è stato raggiunto un accordo per un nuovo pacchetto di aiuti militari all’Ucraina da oltre di 50 miliardi di euro, ottenuti tramite i profitti derivanti dagli investimenti russi in Europa e negli Stati Uniti.
Tradotto in parole povere: i russi restano i proprietari delle loro riserve; verranno spogliati soltanto dei guadagni derivanti dalle transazioni finanziarie che ammontano a non più di 3-5 miliardi di dollari all’anno. Il resto dei finanziamenti dovrà molto probabilmente essere coperto dai governi europei, Italia inclusa.
La risposta di Mosca potrebbe consisterebbe nell’espropriazione degli asset europei in Russia, per un valore stimato di almeno 82,8 miliardi di dollari, ovvero la cifra del volume di investimenti diretti di USA, Germania, Francia, Italia, UK, Giappone e Canada nell’economia russa fino al 2022 (al momento non sono disponibili dati più recenti).
I ministri della Difesa dei 6 paesi del G7 appartenenti alla NATO hanno inoltre deciso di fornire all’Ucraina altri cospicui aiuti militari, garantendo 43 miliardi di dollari all’anno per continuare ad alimentare la guerra nel cuore dell’Europa.
Non sono emerse ancora indiscrezioni sulle rispettive quote che i Paesi occidentali dovranno fornire, sta di fatto che se la guerra finisse domani, i governi che partecipano al prestito, Italia inclusa, dovrebbero pagare i creditori senza poter contare sui profitti russi che tornerebbero a Putin.
Il fallimento dei colloqui in Svizzzera
Veniamo ora ai risultati degli infruttuosi colloqui svizzeri per la pace, svoltisi il 15-16 giugno. Il fallimento è stato determinato da diversi fattori, in primis perché, come hanno ben evidenziato la presidente svizzera Viola Amherd, il rappresentante dell’Arabia Saudita e il ministro degli esteri turco Hakan Fidan, un tavolo di pace senza la Russia è impensabile.
Kiev inoltre mirava a creare una forte coesione antirussa che includesse anche il Sud Globale. Obiettivo che non è stato raggiunto.
Arabia Saudita, Armenia, Bahrein, Tailandia, India, Libia, Colombia, Messico, Sud Africa, Indonesia, Emirati Arabi Uniti, non hanno firmato il documento finale. Il Brasile ha partecipato come osservatore, allineandosi dunque ai BRICS.
Tra le principali potenze occidentali che hanno condannato a spada tratta la Russia, sbattendo la porta in faccia alla proposta di pace avanzata il 14 giugno dal leader del Cremlino, non poteva mancare l’Italia, che per bocca del ministro degli esteri, Antonio Tajani, ha promesso nuove forniture belliche:
Caro Zelensky, puoi contare sull'Italia, stiamo approvando anche un nuovo pacchetto di aiuti militari, perché senza la difesa non esiste nemmeno la ricostruzione dell'Ucraina", ha affermato durante il vertice.
Infatti, nonostante le promesse pre-eletorali che, mettendo in campo la Costituzione, escludevano ogni possibile supporto bellico di natura offensiva, il nono pacchetto di armi da inviare all’Ucraina, contemplerà, non solo l'invio del sistema di difesa anti-aerea Samp-T, ma anche missili a lunga gittata Storm Shadow, in grado di colpire direttamente il territorio della Federazione Russa.
Non a caso, il ministro degli esteri britannico Lord Cameron ha definito “Il primo ministro Meloni fra i leader più attivi, attualmente, nel sostenere l’Ucraina e nel respingere l’avanzata e la propaganda russa, non solo in Ucraina, ma in tutto il mondo”. in altre parole il governo della donna, madre e Cristiana si riconferma per l’ennesima volta come il più servile ai desiderata di Washington, disposto a combattere fino all’ultimo ucraino.