Via D’Amelio: l’antimafia popolare sfida le menzogne del potere
Una decade di battaglie, un grido nel deserto tra i palazzi fatiscenti di una Palermo che sembra aver dimenticato i suoi martiri. Siamo ancora qui, uniti in una verità che ci lega, in grado di distruggere le catene che ben hanno imbrigliato le masse in una narrativa conciliante col potere.
Sembra passato un secolo, quando 10 anni fa una piccola delegazione dei fondatori di Our Voice lanciava il suo primo messaggio contro la criminalità organizzata. Ora in questo 19 luglio, negli striscioni, nelle grida e nell’arte echeggia una denuncia in grado di scuotere i vertici del sistema criminale integrato.
A Palazzo dei Normanni nelle stesse ore una conferenza stampa dei Fratelli d'Italia celebrava le lodi di uno Stato irreprensibile, relegando ai martiri il ruolo di polverose reliquie, utili ad una meschina funzione autocelebrativa per il partito, nel totale spregio della realtà.
“Dopo 32 anni possiamo dire di aver vinto. Abbiamo ereditato pensiero, azioni e coraggio di Borsellino, Falcone e tutti coloro che sono caduti sotto i colpi della mafia”, ha detto il presidente del gruppo parlamentare alla Camera Tommaso Foti, parlando da sedi ben lontane dalle celebrazioni di Via D’Amelio, che ormai rappresentano per le figure istituzionali di questo Paese uno scomodo squarcio alle nebulose e comode realtà ufficiali.
Siamo testimoni di verità indicibili, che potrebbero trascinare nell’abisso l’intera seconda repubblica, ma facendo risorgere dalle sue ceneri un nuovo Paese, finalmente degno erede del sacrificio dei martiri.
C’è vento in questo 19 luglio. Folate decise scuotono alcune pagine affisse delle motivazioni della sentenza trattativa Stato-Mafia. “Le sentenze parlano, i fatti restano”, riportano le insegne sovrastanti, a testimonianza delle complicità inoppugnabili delle nostre istituzioni in quell’odissea stragista che 57 giorni dopo la morte di Giovanni Falcone falcidiò la vita di Paolo Borsellino e dei suoi agenti di scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina.
“Anno 2023, trattativa stato mafia, il colpo di spugna, la Cassazione assolve totalmente gli imputati per non aver commesso il fatto con l'intenzione di cancellare la storia”. Questo è l’incipit del video che abbiamo proiettato durante l’evento. Un documento filmato di 6 minuti che riprende i punti salienti di quelle stragi che hanno cambiato per sempre il volto del nostro Paese.
Una vicenda che risale al 1992, quando il patto tra la mafia e i partiti della Prima Repubblica, come la Democrazia Cristiana, crollò. Cosa Nostra, con l’obiettivo di trovare nuovi referenti politici, avviò la strategia stragista nel 1992-1993 che avrebbe colpito politici, magistrati, agenti delle scorte e cittadini innocenti. In questo contesto, il reparto investigativo dei Carabinieri iniziò a trattare con Cosa Nostra tramite Vito Ciancimino, sindaco mafioso di Palermo. Paolo Borsellino, indagando sulla morte di Giovanni Falcone, scoprì il patto tra pezzi delle istituzioni e boss mafiosi, ma fu assassinato nel luglio 1992 insieme alla sua scorta. L'agenda rossa di Borsellino, contenente i suoi appunti, sparì misteriosamente, portata via dal carabiniere Giovanni Arcangioli.
La trattativa continuò con i
Carabinieri che non perquisirono il covo di Totò Riina per 18 giorni dopo il suo arresto nel 1993: un segnale per Cosa Nostra che questa era ancora in corso. Nel 1993 ci furono altre stragi a Roma, Firenze e Milano, che causarono 10 morti, tra cui due bambine. Nel 1994 la mafia pianificò un attentato allo stadio Olimpico che fallì per il malfunzionamento di un telecomando. Poco dopo, Forza Italia, fondata da Silvio Berlusconi e legata a Marcello Dell'Utri, salì al potere, divenendo di fatto il nuovo referente politico delle organizzazioni criminali. A questo proposito, come riferì il boss Giuseppe Graviano a Gaspare Spatuzza durante un incontro al bar Doney, entrambi “avevano messo il paese nelle mani della mafia”.
Nel 2012 iniziò il processo sulla trattativa Stato-mafia, conclusosi nel 2018 con condanne severe da parte della Corte d'Assise di Palermo che confermò l'esistenza della trattativa e l'accelerazione della morte di Borsellino. Tuttavia, nel 2021, i Carabinieri furono assolti in appello poiché, secondo i giudici, questo patto fu stipulato a fin di bene e persino la latitanza di Provenzano venne coperta per ragioni di “interesse nazionale”. Marcello Dell'Utri fu assolto perché l'accordo politico-mafioso fu considerato “deplorevole” ma non “penalmente rilevante”. Nel 2023, la Cassazione assolse definitivamente tutti gli imputati, cancellando decenni di lavoro giudiziario. La decisione, presa con una sentenza di sole 91 pagine, ha ignorato 10.000 pagine di motivazioni e ha restituito lustro all'operato del ROS, soffocando le richieste di verità e giustizia dei familiari delle vittime di mafia, chiudendo una pagina nera della storia italiana.
Uno schiaffo alla Costituzione e ai nostri martiri che però non ci ha fermati. Nel corso della giornata abbiamo chiesto un commento a figure di primo piano in questi anni di ricerca dei veri nomi dei mandanti esterni delle stragi.
“Lo sforzo dovrebbe essere quello di continuare a percorrere questo cammino di verità. Sappiamo già tanto, e forse questo tanto che sappiamo fa paura a tanti, ed è per questo che purtroppo questo tipo di indagine sulle stragi risente, in questo momento, da una parte di disattenzione generalizzata e d'altra parte addirittura della possibilità di creare nuovi depistaggi quindi è un momento assolutamente delicato”, ha affermato il Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia Nino Di Matteo ai nostri microfoni.
“Se noi fossimo un paese civile, gli interventi di questa sera dei relatori in via d’Amelio sarebbero in prima serata in maniera integrale invece abbiamo un sistema d’informazione che censura, che nasconde le notizie, che le stravolge e questo contribuisce alla mancanza di verità quindi è una democrazia bloccata”, ha aggiunto il Vice Direttore di Antimafia Duemila, Lorenzo Baldo.
Una retorica negazionista ha oramai avvelenato l’intera copertura mediatica di queste giornate di memoria. Dello stesso avviso è l’avvocato Fabio Repici, secondo cui “al momento abbiamo un governo fascista che non ha grande interesse alla verità sul periodo delle stragi che hanno anche una quota di eversione nera”.
“Scadono nel ridicolo dicendo che è stata solo mafia, che i responsabili sono stati i mafiosi e che non c’è stata partecipazione di pezzi del potere. In realtà quello è stato dimostrato in numerosi processi e ormai lo si può scrivere tranquillamente nei libri di storia, certo nei libri di storia fascisti scriveranno altro ma facciano pure”, ha aggiunto intervistato dalla nostra redazione.
Sul punto è intervenuto anche il senatore del Movimento 5 Stelle, Roberto Scarpinato che ha parlato di “stragi di potere”.
Quello stesso potere che oggi vive di ipocrita memoria per autocelebrare le sue gesta, violentando la verità. Per questa ci batteremo è continueremo a combattere a fianco dei familiari delle vittime di mafia, di magistrati come Nino di Matteo, Luca Tescaroli, Sebastiano Ardina, Nicola Gratteri. Non lasceremo soli gli eredi di Falcone e Borsellino, su cui oggi pendono nuove sentenze di morte. Un’antimafia popolare è risorta per rivendicare e testimoniare una verità che ci unisce.