“Resistenzə”: La Libertà di informazione: l’ultimo pilastro da difendere alle soglie della guerra totale
Di Francesco Ciotti
Terzo giorno della rassegna “Resistenzə” che ai Cantieri Culturali di Palermo chiude con il talk: "Libertà di stampa, il Caso Assange e la narrativa occidentale sulle guerre e il genocidio in Palestina".
Un’occasione per aprire uno squarcio sulla disinformazione e sulla rappresentazione distorta della realtà operata dai nostri media sull’oblio del giornalismo libero, nel contesto di un mondo sempre più infiammato dalle guerre.
Ad introdurre l’incontro è stato Alberto Negri, giornalista, firma del Manifesto, per 30 anni corrispondente all'estero del Sole 24 ore (dal 1987 al 2017), una tra le migliori firme sul mondo della geopolitica. Ed è proprio dalla gravissima situazione internazionale che è iniziato questo viaggio tortuoso al di là delle apparenze che i media mainstream vogliono instillare nella nostra mente.
L’omicidio del leader libanese di Hezbollah, Hassan Nasrallah, eseguito da un raid israeliano rischia di trascinare l’intero medio oriente nella catastrofe. L’operazione è stata anticipata da un discorso all’Onu del premier israeliano, Benjamin Netanyahu, che aveva definito le Nazioni Unite una “palude antisemita”, prima di dare ordine a procedere con i bombardamenti dalla sua camera d’hotel.
“La sua uccisione fa precipitare ancora di più l’escalation tra Libano e Israele…È stato ucciso insieme ad un importante generale dei pasdaran della rivoluzione”, ha detto Negri, spiegando che uno degli obiettivi di Bibi - forte dell’incondizionato sostegno americano che solo ad agosto ha approvato un nuovo pacchetto di forniture militari a Tel Aviv pari a 20 miliardi di dollari - è sempre stato sempre quello di generare un conflitto più ampio che coinvolga anche l’Iran.
In questo scenario infuocato, secondo il giornalista, la nostra informazione è carente al punto tale da fornire un’immagine distorta, grottesca e falsificata della realtà.
“Si ripete che Israele ha diritto di difendersi e in questo diritto c’è dentro tutto. Dal fatto che possa attaccare, che possa compiere reati di terrorismo di Stato, come avvenuto recentemente in Libano”, continua Negri, citando l’esplosione simultanea dei cercapersone appartenenti al movimento di Nasrallah per opera del Mossad. Un’operazione che, colpendo sia civili che militari, ha violato il diritto internazionale e in particolare il protocollo sul divieto o la limitazione dell'uso di mine, trappole esplosive e altri dispositivi, firmato dalla stessa Israele!
I nostri media non raccontano questa complessità a descrivono “Hezbollah come di uno stato nello stato, ma nessuno si domanda il perché di perché è diventato così forte. Gli sciiti erano a margine della politica libanese. Non è stato soltanto un movimento di guerriglia è stata l’espressione di una parte importante della società che si affaccia alla ribalta della storia”, ha continuato il giornalista, descrivendo un giornalismo occidentale che oramai non cerca più di spiegare, di cercare le radici dei fatti, “ma si cerca di capire chi vince” e si è entrati in una vera e propria logica della guerra “che non viole informazione, ma esige propaganda”.
Dal punto di vista israeliano, il redattore del manifesto, commentando la chiusura di Al Jazera e l’uccisione di 135 giornalisti nella striscia di Gaza, ha descritto il paradosso di quella che viene definita come l’unica democrazia del Medio Oriente; nei fatti, una democrazia solo per gli israeliani.
“È uno stato che nelle sue ultime leggi si definisce monoetnico…Vuole separare (gli altri popoli – ndr) e conquistare”.
Ma anche sul fronte interno del nostro Paese la situazione è drammatica e il giornalista ha citato una vicenda passata più volte sotto un complice silenzio da parte dei nostri media: “l’8 marzo ho dato notizia che abbiamo firmato con Netanyahu a Roma, un accordo per cui l’Italia appalta la sua cybersecurity allo Stato di Israele… una notizia che ho dato 3-4 volte anche in televisione, non ho visto un articolo di approfondimento su questo… Significa che non c’è bisogno neanche di far saltare i cercapersone… Ci controllano direttamente”, ha concluso Negri con profonda amarezza.
Grandi manovre dell’establishment su cui il popolo viene volutamente tenuto all’oscuro. Un tema che ha visto in seguito il prezioso intervento di Stefania Maurizi, giornalista di inchiesta del Fatto Quotidiano, che ha curato il caso Assange, conoscendo il fondatore di Wikileaks nell’ambasciata ecuadoregna.
“Assange ha cambiato il diritto dell’opinione pubblica di conoscere cosa fanno i governi con i nostri soldi e a nome nostro. Se non lo sappiamo non viviamo in una democrazia.
Ha aperto uno squarcio nel livello più alto del potere, un livello che raramente si mostra, il livello in cui si muovono gli apparati dello Stato, i servizi segreti. … Per questo vogliono distruggerlo”, ha spiegato la Maurizi, sottolineando l’importanza di conoscere quel vertice della piramide che ha potere sulle nostre vite e decide sulle manovre economiche “lacrime e sangue”, sulle guerre, sulle spese militari, sul sostegno ai colpi di Stato ecc…
Un esempio emblematico è stata la guerra in Afghanistan, durata 20 anni e costata al nostro Paese 9 miliardi di euro. Un conflitto che Assange, sulla base dei cablogrammi pubblicati, definiva uno strumento “per riciclare denaro delle basi fiscali degli Stati Uniti e dei paesi europei attraverso l’Afghanistan e riportarlo nelle mani delle élite della sicurezza transnazionale”.
Una realtà emersa negli oltre 92.000 documenti - chiamati Afghan War Logs – che, oltre alle innumerevoli violazioni dei diritti umani e centinaia di vittime civili da parte dei militari americani, testimoniavano la connivenza dell’intelligence americana con il servizio segreto pachistano che forniva addestramento e aiuti militari a quei talebani che l’esercito statunitense (teoricamente) era tenuto a combattere.
In seguito la Maurizi ha commentato l'ultima idea del governo Meloni, che prevede una sanzione pesantissima per i giornalisti che pubblicano atti giudiziari, con multe che potrebbero arrivare fino a mezzo milione di euro.
“È in gioco il vostro diritto di sapere cosa fa il governo con le vostre tasse, se non c’è questo diritto non c’è democrazia. È una barriera tra la democrazia e la dittatura. Pochi mesi fa voleva mandare in galera noi giornalisti se pubblicavamo notizie che venivano da un reato, praticamente tutte le notizie. Non c’è una notizia che non sia frutto di un reato, perché c’è sempre quello che ti racconta qualcosa in violazione del segreto d’ufficio o del segreto investigativo, ma se non c’è questa libertà non c’è la libertà di sapere, dunque non c’è democrazia”, ha proseguito la giornalista, portando come esempio un importante documento segreto pubblicato da Wikileaks, il cui contenuto rivela la succube connivenza del nostro governo con gli apparati dell’amministrazione statunitense intenti ad usare il suolo del nostro Paese come trampolino di lancio per le guerre illegali. Tutto a spregio dell’Arti 11 della Costituzione.
“Il governo italiano ha fatto la scelta strategica di mantenere la sua politica allineata con gli Stati Uniti e vi ha tenuto fede, nonostante l’intensa pressione politica interna affinché desistesse”, scriveva l’ambasciatore americano Mel Sembler, che nel cablo spiegava: “Quando il presidente Ciampi sembrava sul punto di sollevare dei dubbi sulla [legittimità] costituzionale di un dispiegamento della 173 a Brigata Aviotrasportata dell’esercito degli Stati Uniti, direttamente dal suolo italiano, il governo ha elaborato delle tattiche con noi per affrontare le sue preoccupazioni. Il supporto logistico alle forze armate americane è stato eccezionale. Abbiamo ottenuto tutto quello che abbiamo chiesto”. L’Italia in sostanza, viene descritta come un Paese a sovranità limitata, piattaforma di lancio dei peggiori crimini dell’imperialismo: primo fra tutti, appunto, la guerra in Iraq, basata sulla menzogna che Saddam possedesse armi di distruzione di massa.
A contribuire al dibattito si è aggiunta la giovanissima fotoreporter e giornalista di FanPage.it, autrice dell'inchiesta di Fanpage.It Gioventù Meloniana, dove ha mostrato i lati oscuri di Gioventù Nazionale, il focolaio di giovani di Fratelli d'Italia che diventeranno i futuri dirigenti del partito.
La pubblicazione ha avuto un riverbero pazzesco al punto da portare alle dimissioni di Elisa Segnini, capo della segreteria della deputata Ylenja Lucaselli, e di Flaminia Pace dal Consiglio nazionale dei giovani.
“Subito dopo la pubblicazione dell’inchiesta che ha fatto molto arrabbiare il nostro governo, è stata spostata l’attenzione, piuttosto che entrare nel merito ci si è concentrati sul metodo…
Un giornalista deve poter fare domande, le domande non devono essere comode e se non ottiene risposte, se vale quanto affermato nella nostra Costituzione secondo cui i cittadini hanno diritto di essere informati e i giornalisti il dovere di informare, in qualche modo deve poter ottenere le informazioni necessarie per mostrare le strutture del sistema in cui viviamo”, ha esordito la Frasson, spiegando che il metodo undercover è stato molto importante per il giornalismo in passato, vedi per lo scandalo Watergate o per il lavoro svolto da Al Jazeera che ha mostrato le ingerenze del governo israeliano nelle università statunitensi.
La giornalista ha poi commentato le recenti misure attuate nel nostro Paese che, dietro il paravento della presunzione di innocenza, stanno restringendo la libertà di espressione: sono state silenziate le fonti delle notizie; c'è stata una stretta alla pubblicazione delle intercettazioni, comprese quelle che potrebbero provare l'innocenza dell'imputato ed è arrivato il divieto di pubblicare le ordinanze di custodia cautelare.
“Sia l’accesso agli atti giudiziari che la tutela delle fonti era già regolamentato, quindi la volontà è chiara ed è quella di rendere sempre più difficile l’esercizio della libertà di informazione”, ha commentato nel merito.
Sul fronte del giornalismo d’inchiesta che invece indaga sulle rotte migratorie è intervenuta Angela Caponnetto, palermitana, inviata da anni per Rai News 24 seguendo il dramma delle traversate dei migranti, soprattutto dai paesi africani, in Italia. La giornalista ha commentato il caso mediatico aperto da Matteo Salvini, auto-glorificatosi come paladino della difesa dei confini, in contrasto con una giustizia “corrotta” che lo vede imputato al processo “Open Arms”, per aver impedito in 19 giorni lo sbarco della nave dell'ONU con a bordo 147 migranti.
“Nel caso della Open Arms molti giornalisti erano indignati, ma io ci sono stata su quelle navi…Dal 2014 al 2019 ho partecipato alle missioni di salvataggio, prima sulle navi militari poi su quelle umanitarie, so cosa succede a bordo di quelle navi, so cosa succede nel mediterraneo centrale quando si va in soccorso ad un barchino con dei disperati, so cosa succede a Lampedusa quando un pescatore hanno visto un gommone con delle mamme e dei bambini a bordo che urlavano e questo gli si è ribaltato davanti. Cosa fai gli vai a chiedere il passaporto? Potrebbero esserci dei terroristi, certo, ma tutti gli altri sono esseri umani”, ha detto la Caponnetto che successivamente, in merito alle stringenti norme che stanno ledendo gravemente alla libertà di informazione, ha posto l’accento sul tema delle fonti, il cui attacco da parte di alcune forze politiche ha riguardato il anche il suo operato, quando testimoniava la sparizione delle persone in mare.
“Nell’European Media Freedom Act che è stato votato in Europa tra le tante cose buone, c’è purtroppo la clausola di dover rivelare la fonte se può porre un problema alla sicurezza pubblica… Dov’è il problema alla sicurezza pubblica se io ti dico che hai fatto annegare 100 persone?”, ha rivendicato la Caponnetto, denunciando le crescenti minacce ricevute verso le sue inchieste che le hanno fatto guadagnare l’appellativo di giornalista più odiata nei social nel 2022.
L’incontro è terminato con un forte appello lanciato dalla Maurizi sull’importanza che i cittadini rivendichino il diritto di essere informati, per ottenere la realtà vera, scevra da ogni propaganda edulcorante.
“Difendete il buon giornalismo, perché senza di voi il nostro lavoro non ha senso, predendete il giornalismo scomodo, il giornalismo che va a scavare come una lama nel potere!”