
Karem Rohana: “Israele sapeva di dover arrivare alla soluzione finale per i palestinesi”
Karem Rohana: “Israele sapeva di dover arrivare alla soluzione finale per i palestinesi”
Il giovane attivista italo-palestinese a Palermo: “L’ideologia sionista va isolata, essere sionisti deve diventare sconveniente”
“Cento palestinesi vengono uccisi al giorno, (stime al ribasso) per il solo fatto di essere palestinesi ma il problema nel mondo è l’antisemitismo”. E’ l’accusa lanciata da Karem Rohana, meglio conosciuto come “Karem from Haifa”, nato nella bellissima città che si staglia sulla costa della Palestina. Italo-palestinese, cresciuto a Firenze, Karem ha un largo pubblico che lo segue sui social per i suoi contenuti sulla questione palestinese. Mercoledì 23 luglio lo abbiamo invitato al C.R.E.Z.I. Plus di Palermo per un dibattito sul genocidio, sull’occupazione israeliana e sopratutto sul sionismo, vera matrice del dramma palestinese. “Il problema non è Benjamin Netanyahu in sé - afferma -. Il problema è il sionismo”. Cosa vuol dire sionista? “Vuol dire una cosa sola: la vita degli ebrei vale più di quella di tutti gli altri. Non vuol dire nient’altro”. Si tratta, spiega Rohana davanti a un affollatissima sala di giovani palermitani, di “un’ideologia molto preponderante nel mondo che è diventata Stato, ma anche religione. Perché Israele è diventato un atto di fede”. Dialogando con Our Voice e con la comunità palestinese (Voci nel Silenzio), Karem Rohana ha ripercorso tutta la storia della Palestina: dalla Naqba (la catastrofe, l’esodo di quasi un milione di palestinesi), poi la “Guerra dei sei giorni”, il fallimento degli accordi di Oslo e quindi il genocidio a Gaza che “è molto più responsabilità delle élite di sinistra israeliana piuttosto che del suprematismo messianico di Netanyahu e dei suoi ministri che invece è più legato a come è ridotta oggi la Cisgiordania”. Karem Rohana, nell’ora di dibattito, ha smontato molte delle convinzioni - o per meglio dire, narrative - su Israele. Una di queste riguarda l’affermazione secondo la quale il popolo israeliano non si riconosca in Netanyahu. Falso. “La società israeliana ha questa convinzione molto radicata che nella Striscia di Gaza non ci sono civili. Lo dicono anche i sondaggi della Hebrew University. L’esercito israeliano è composto da 400mila riservisti, e in questi 20 mesi ci sono state solo 12 defezioni contro il genocidio”. Non solo.
“Israele ha creato sé stesso intorno alla pulizia etnica e il genocidio, non c’è un’istituzione israeliana che non sia legata a quello”.
Il problema, pertanto, non è solo governativo, ma sociale e politico. E ha un nome: “Suprematismo ebraico”.
“Il problema è proprio questo. Cioè tu sostieni Israele come etno-Stato, vale a dire uno Stato per solo ebrei. E questo presuppone che tutti gli altri, i non ebrei, li ammazzi in massa. Questo presuppone le ideologie suprematiste come il fascismo o il nazismo con la razza italica o la razza ariana. Qua invece abbiamo il popolo eletto. Utilizzano lo stesso linguaggio e le stesse pratiche, le differenze sono solo nelle parole e nei simboli”.
Durante l’evento si è parlato a lungo anche del ruolo dei media italiani e internazionali, e di quanto è sia “diffuso il suprematismo ebraico tra i miliardari americani”.
“I nostri media mainstream spingono con la narrativa israelocentrica perché vogliono salvare Israele. Ed è ovviamente una narrativa contro la Palestina perché continua a riconoscere il fatto che uno Stato etno-nazionalista basato su un suprematismo religioso debba continuare a esistere a spesa dei palestinesi. E che, al massimo, il problema sia il loro leader (Benjamin Netanyahu, ndr). Ma se si guardano i vecchi leader israeliani negli ultimi trent’anni Netanyahu potrebbe addirittura apparire moderato”, ha detto ricordando i vari Naftali Bennet, Ehud Olmert e Ariel Sharon.
“Se un racconto su Israele, già prima del 7 ottobre, è stato fatto così minuziosamente a livello politico e mediatico, investendo miliardi su consulenti, giornalisti, collaboratori, politici, lobby era per per fare il genocidio”, dichiara. “Israele sapeva che doveva arrivare a una soluzione finale per i palestinesi”.
Cosa fare, dunque? “Il modo per fargli cambiare idea è isolarli. Nel mondo non ci deve essere spazio per l’idea sionista. Quindi visto che non dobbiamo, giustamente, fare più affari con un tedesco nazista, non deve essere accettato fare affari o tenere rapporti nemmeno con un sionista. Il sionismo deve diventare sconveniente. L’occupazione deve pagare un prezzo”.