
Antonio Mazzeo racconta l’Italia militarizzata e cobelligerante col genocidio

Antonio Mazzeo racconta l’Italia militarizzata e cobelligerante col genocidio
Armi, basi militari, università e banche al servizio del complesso militare-industriale. L’appello del giornalista per fermare la disumanizzazione totale
Si è tenuta sabato 17 maggio, presso la sede di Our Voice a Palermo, un’intervista esclusiva al giornalista Antonio Mazzeo, da sempre impegnato nei temi della pace e del disarmo, dell’ambiente e della lotta alla criminalità organizzata.
L’incontro è stato moderato dalle domande del giornalista di Antimafia Duemila, membro di Our Voice e della Comunità palestinese di Palermo, Karim El Sadi.
Una discussione introdotta da un’amara analisi su una pulizia etnica israeliana che si protrae dal 7 ottobre 2023 e che ora sta giungendo al suo epilogo più tragico, con l’avvio dell’offensiva israeliana “Carri di Gedeone”. Di fatto, l’applicazione israeliana del concetto di “soluzione finale” sulla pelle dei palestinesi.
“Il piano di deportazione di almeno un milione di persone da Gaza alla Libia..non è vera propaganda trumpiana, non è uno slogan..È esattamente una modalità anche per misurarsi a livello internazionale. Non mi pare di aver visto un solo governo che abbia alzato la voce anche di fronte a un annuncio (come questo – ndr )”, ha esordito Mazzeo che ha poi passato in rassegna le responsabilità italiane del genocidio in corso.
“Abbiamo acquistato da Israele per circa 2 miliardi di euro gli aerei Gulfstream”, denuncia Mazzeo, segnalando che, con l’ultimo decreto presentato dal governo Meloni, con una spesa di 1,632 miliardi di euro, verranno convertiti in aerei spia, utilizzati dall’Aeronautica Militare Italiana per individuare obiettivi in Ucraina e passarli alle forze armate ucraine, ma anche per missioni di sorveglianza in Medio Oriente.
In seguito il giornalista segnala in particolare le complicità del gruppo italiano Leonardo per il suo ruolo diretto e documentato nel fornire a Israele tecnologie militari avanzate impiegate sia nelle offensive contro Gaza, sia nei sistemi di controllo e sorveglianza dei territori palestinesi.
Basti pensare ai cannoni navali da 76 mm OTO Melara Super Rapido, prodotti da Leonardo (ex Finmeccanica), venduti a Israele tramite una triangolazione che ha coinvolto anche gli Stati Uniti. La Marina israeliana, dopo anni di negoziati, ha ricevuto questi sistemi attraverso una consegna formalmente gestita dalla US Navy, con finanziamenti statunitensi.
“Attenzione, perché buona parte delle produzioni di armi, di tecnologie italiana, sono state prodotte, oppure sono state vendute dall'Italia e arrivate in Israele attraverso una triangolazione con gli Stati Uniti…Non una triangolazione in cui il venditore non sapeva qual era l'obiettivo finale. Dodici cannoni super rapido, destinazione fregate e cacciatorpedinieri, quattrocentoquaranta milioni di euro di cui 40 milioni per l’addestramento. Leonardo sapeva la destinazione finale e su Internet si trovano anche i filmati della consegna, per cui stiamo parlando di 80 volte quello che risulta (ufficialmente -ndr) dall'esportazione italiana negli ultimi 5 anni prima del 2023 a Israele”, precisa Mazzeo.
Questi cannoni sono stati installati sulle corvette israeliane delle classi Sa’ar-4.5, Sa’ar-5 (di produzione statunitense) e sulle più recenti Sa’ar-6, impiegate attivamente nei bombardamenti contro la Striscia di Gaza dal mare. Le navi dotate di questo armamento sono state utilizzate per operazioni di fuoco diretto contro obiettivi a Gaza, come confermato da fonti militari israeliane e da reportage del 2023.
Secondo testimonianze raccolte dalla stampa specializzata, ufficiali della Marina israeliana hanno espresso gratitudine verso l’Italia per la fornitura di questa tecnologia, definita decisiva nelle operazioni navali, inclusa la distruzione del porto di Gaza nell’ottobre 2023.
Da menzionare inoltre che nel 2022, Leonardo, tramite la controllata statunitense Leonardo DRS, ha acquisito la totalità della società israeliana RADA Electronics, specializzata in radar tattici militari avanzati. Il gruppo, con sede a Netanya (Israele), è noto per i suoi radar impiegati nella protezione di infrastrutture critiche, nella sorveglianza delle frontiere e nella difesa attiva, inclusi i sistemi di intercettazione come l’Iron Dome, utilizzati per neutralizzare i razzi lanciati da Gaza.
I radar di RADA sono stati riconosciuti per il loro ruolo chiave nel coprire l’intera Striscia di Gaza, fornendo allerta e capacità di intercettazione alle forze armate israeliane durante le operazioni militari contro i palestinesi.
Infine, il nostro Paese, sempre tramite Leonardo, ha venduto a Israele trenta aerei da addestramento avanzato M-346, per un valore di circa 600 milioni di euro, nell’ambito di un accordo bilaterale di scambi militari e tecnologici. Questi aerei, ribattezzati Lavi in Israele, sono utilizzati per addestrare i piloti delle forze aeree israeliane, inclusi quelli impiegati nelle operazioni di bombardamento su Gaza.
Tutti i piloti di F-35 che hanno bombardato scuole, ospedali e campi profughi a Gaza si sono addestrati su quei caccia.
Ma il nostro Paese continua anche a prender parte alle manovre militari con Tel Aviv. “C’è stata un’esercitazione in Grecia a cui ha partecipato un Gulfstream con simulazioni di attacchi al suolo dove l’Italia ha concesso 4 Tornado per esercitazioni a fianco di Israele”, denuncia il giornalista.
Si tratta dell'esercitazione aerea multinazionale Iniochos 25, svoltasi dal 31 marzo all’11 aprile, a cui hanno partecipato, tra gli altri, Israele e Italia, insieme a Francia, India, Montenegro, Polonia, Qatar, Slovenia, Spagna, Emirati Arabi Uniti e Stati Uniti.
Durante le manovre congiunte, le forze aeree dei paesi partecipanti hanno condotto missioni di combattimento aereo, bombardamento e operazioni di soccorso, simulando scenari complessi e realistici che rafforzano l'interoperabilità tra le diverse aeronautiche militari. Israele ha partecipato con un aereo G-550, mentre l'Italia ha schierato assetti dell'Aeronautica Militare.
Le banche garanti dell’export di armi
C’è poi la questione delle banche. “Due banche italiane hanno fatto affari perché hanno dato la garanzia, la copertura per le operazioni di esportazioni di armi negli ultimi 5 anni a ridosso del 7 ottobre 2023... Al primo posto abbiamo Unicredit”, che detiene la leadership nel settore con finanziamenti e garanzie per circa 1,5 miliardi di euro nel 2023, e che ha gestito transazioni per 2,5 miliardi nel 2022. UniCredit rappresenta circa il 44% del totale delle transazioni legate all’export di armi nel 2021 e continua a essere il principale attore nel settore.
Al secondo posto c’è Intesa Sanpaolo, con quasi un miliardo di euro (968 milioni) di finanziamenti e garanzie nel 2023, anche se ha registrato un calo rispetto agli anni precedenti.
L’Eni che deruba le risorse ai palestinesi
C’è un apporto alla distruzione colonialista di un popolo che è ancora più sottaciuto e subdolo dell’export di armi. “La vera partita è il controllo delle risorse energetiche palestinesi”, prosegue l’attivista che chiarisce “Eni ha fatto molto di più… Dobbiamo analizzare cosa è successo alla vigilia del 7 ottobre e cosa è successo dopo. A settembre l’agenzia nazionale israeliana ha sottoscritto accordi in violazione del diritto internazionale perché consentivano l’ispezione e la ricerca di giacimenti in acque rubate ai libanesi e al popolo palestinese.”
Un dettaglio ancora più sconcertante è che lo stesso colosso energetico “è una società controllata da gruppi bancari e finanziari che hanno sede in Israele”.
In particolare Eni ha siglato un accordo di fusione tra la sua controllata britannica (Eni UK Ltd) e la società inglese Ithaca Energy. Quest’ultima è controllata per l’89% dal gruppo israeliano Delek Group. Delek Group è una delle principali aziende energetiche israeliane e, dal 2020, è inserita nella lista nera delle Nazioni Unite per il suo coinvolgimento nelle attività economiche nei Territori Palestinesi occupati illegalmente.
La mobilitazione contro la guerra che è arrivata nel nostro territorio
Nella conclusione del suo intervento, Mazzeo ha denunciato con forza la crescente militarizzazione dell’Europa, mettendo in guardia contro il rischio concreto di una “terza guerra mondiale, globale”, evidenziando come le politiche europee e italiane stanno trasformando l’intero tessuto economico, infrastrutturale e culturale in funzione bellica, con un impatto devastante sulle società civili. Una realtà che già coinvolge drammaticamente la Sicilia, di fatto una piattaforma logistica dei conflitti portati avanti da Stati Uniti, Israele e NATO “La guerra ce l’abbiamo a casa nostra perché quotidianamente da casa nostra partono operazioni di guerra”, ricorda Mazzeo, evocando le attività delle basi di Sigonella, da cui partono i droni da ricognizione statunitensi e persino gli aerei cargo militari C-17 Globemaster III che trasportano armi, munizioni e equipaggiamenti destinati all'esercito israeliano verso la base aerea israeliana di Nevatim. Inoltre ha citato l’uso dei sistemi di telecomunicazione militare NUOS, che permette il controllo remoto degli attacchi, anche nello Yemen.
Un Europa che si militarizza anche grazie all’iniziativa “Rearm Europe”, che, oltre agli 800 miliardi da destinare al riarmo, prevede la riconversione dell’intera infrastruttura europea (porti, strade, aeroporti) a fini militari, e una “militarizzazione delle università”.
A questo proposito il giornalista, cita il caso dell’accordo tra l’Università del Salento e un prestigioso istituto di ingegneria israeliano che promuove il modello dello “studente-dronista” “uno studente che controlla un drone che uccide, mentre segue lezioni da remoto. È la disumanizzazione totale”.
Mazzeo denuncia il silenzio delle istituzioni accademiche italiane “in due anni e mezzo non c’è stato un solo soggetto istituzionale che abbia rotto i rapporti con Israele”, mentre invece “centinaia di dottorandi, soprattutto in Toscana, hanno chiesto il boicottaggio” dei programmi con università israeliane.
“Non ci dobbiamo limitare alle prime file, dobbiamo passare all’azione diretta”, perché “la guerra non è lontana è già a casa nostra”.