
Caccia ai magistrati scomodi: Scarpinato e De Raho nel mirino della maggioranza

Caccia ai magistrati scomodi: Scarpinato e De Raho nel mirino della maggioranza
Nuova norma sul conflitto d’interessi: La Commissione Antimafia rischia di diventare uno strumento politico di controllo
La Commissione Parlamentare Antimafia sta attraversando uno dei momenti più oscuri della sua storia repubblicana. Invece di rappresentare un baluardo di verità e giustizia nella lotta alla criminalità organizzata, l’organismo istituzionale si sta trasformando in un’arena di propaganda politica, tentando di riscrivere la storia delle stragi del 1992-1993 e silenziando le voci più scomode e autorevoli: l’ex procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho, e l’ex procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato, oggi membri del M5S.
Questa Commissione, titolata a indagare su tutte le sette stragi di mafia, dalla sua istituzione si concentra solo una di queste, quella di via d’Amelio, e in particolare su una delle piste investigative, l’inchiesta “mafia-appalti”.
Ad avvalorare la tesi della maggioranza secondo cui fu questa inchiesta su cui lavorava Paolo Borsellino il movente dell’attentato - tesi smentita da sentenze e testimonianze di rilievo - la Commissione ha sentito e risentito l’ex generale dei Carabinieri Mario Mori e il colonnello Giuseppe De Donno. Entrambi si sono resi protagonisti di molteplici dichiarazioni false e omissioni. La loro versione dei fatti ricondurrebbe a un’interpretazione forzata ed esclusiva: la pista “mafia-appalti”, appunto, come vera ed unica ragione della morte di Borsellino.
Gli ex ufficiali del ROS sostengono inoltre che una parte della magistratura abbia bloccato questa pista per proteggere interessi politici ed economici.
Un racconto che ignora i depistaggi accertati, le responsabilità esterne alla mafia e soprattutto il contesto più ampio delle stragi del 1993.
Ma quel che è peggio è che questa verità parziale sembra volerla legittimare la stessa Commissione Antimafia, presieduta da Chiara Colosimo, fotografata in passato insieme a Luigi Ciavardini, ex membro dei NAR e condannato come autore della strage di Bologna.
Una relazione ignorata e la censura interna
Questo clima di censura si è inasprito in seguito alla presentazione di una relazione di 90 pagine da parte dei membri pentastellati, con cui si smontano le falsità contenute nelle memorie di Mori e De Donno.
Non solo la relazione non è stata presa in considerazione, ma secondo De Raho “in commissione vengono compresse o censurate le domande”.
“Non c’è volontà di indagare realmente: si vuole solo portare avanti una ricostruzione che depista, che cancella la memoria delle connessioni tra mafia, politica e apparati deviati dello Stato”, ha aggiunto Scarpinato.
I due ex magistrati, che hanno dedicato la loro vita alla lotta contro la criminalità organizzata, invece che vedere valorizzata la loro lunga e preziosa esperienza, si trovano nel mirino della maggioranza intenzionata ad estrometterli dalla commissione, “colpevoli” di aver osato indagare anche “gli intoccabili”, in particolare Dell’Utri, Andreotti, Cuffaro, D’Alì e Berlusconi.
Dopo l’annuncio dei mesi scorsi di accompagnare alla porta i due ex magistrati, da una settimana il governo ha proposto un disegno di legge firmato da tutti gli esponenti del centrodestra che prevede una modifica alla legge 2 marzo 2023, n.22 e introduce un meccanismo per accertare eventuali conflitti di interesse tra membri della commissione. Una modifica che ha subito sollevato forti critiche da parte di esperti e oppositori.
Nell’eventualità che un parlamentare o un magistrato della commissione risulti in conflitto di interesse tale per cui non si possa garantire l'imparzialità delle indagini, potrà essere escluso dalla partecipazione ai lavori e non avrà accesso ai documenti.
Ciò che ha dell’assurdo è che la decisione non sarà presa da un organo indipendente, ma sarà la stessa commissione antimafia a decretare l’eventuale conflitto di interesse e tramite voto favorevole della maggioranza potrà decidere l’esclusione.
Questo apre la strada a potenziali abusi che potrebbero portare all’esclusione di membri scomodi alla maggioranza senza garanzie da parte di terzi.
Un paradosso istituzionale e una ferita profonda per la democrazia. Estromettere chi ha cercato la verità con onestà e coraggio è un atto di censura politica.
“Stanno trasformando la Commissione in una macchina di intimidazione e falsificazione. Il messaggio è chiaro: processare il potere è proibito”, ha tuonato Scarpinato.
Appello alle istituzioni
Non si può tollerare che un organo nato per tutelare lo Stato venga oggi utilizzato per mettere a tacere e colpire chi, per decenni la verità l’ha cercata vestendo la toga.
A questo proposito è stato lanciato un appello dal M5S persino al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella affinché vigili su ciò che sta accadendo in commissione.
Questa tragica situazione non è solo una diatriba parlamentare, ma riguarda la tenuta morale e democratica delle istituzioni e il diritto dei cittadini a conoscere tutta la verità e quei mandanti esterni che trassero vantaggio da una delle stagioni più sanguinose della storia italiana.
Tentare di isolare, censurare o estromettere Scarpinato e De Raho è un affronto al Paese intero. La Commissione Antimafia deve tornare a essere un luogo di verità e non una macchina di propaganda.