
Diritti, lavoro e cittadinanza l’8 e 9 giugno votiamo cinque Sì al referendum

Diritti, lavoro e cittadinanza: l’8 e 9 giugno votiamo cinque Sì al referendum
Contro ogni boicottaggio del governo, andiamo alle urne per un lavoro stabile e per il rispetto della dignità di ogni persona
L’8 e 9 giugno si voterà su cinque quesiti referendari che riguardano il lavoro e la cittadinanza. Un grande appuntamento con la democrazia partecipativa e popolare, in cui milioni di italiani saranno chiamati a esprimersi. I primi quattro quesiti puntano a una parziale abrogazione del Jobs Act introdotto dal governo Renzi e a un contenimento degli effetti drammatici del precariato. Il quinto quesito, invece, riguarda la riduzione delle tempistiche necessarie per ottenere la cittadinanza italiana.
Le urne saranno aperte dalle 7 alle 23 di domenica e dalle 7 alle 15 di lunedì.
Perché i risultati siano validi, sarà necessario raggiungere il quorum, ovvero la partecipazione del 50% + 1 degli aventi diritto al voto. In caso contrario, il referendum sarà nullo. Le forze di maggioranza lo sanno bene, e da mesi promuovono il boicottaggio del voto. L’ultimo esempio è la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che ha annunciato di non ritirare le schede al seggio; oppure il presidente del Senato, Ignazio La Russa, che ha addirittura invitato gli italiani a “restare a casa”.
Il vento che soffia dal governo punta a limitare la libertà, anche perché l’eventuale successo del referendum costringerebbe le grandi imprese - principali sostenitrici dell’esecutivo - a rivedere i propri regolamenti interni, adeguandoli a nuove tutele per lavoratrici e lavoratori.
Ma allora, perché è importante votare cinque Sì?
Precisiamo subito che l’approvazione di tutti i quesiti referendari non porterà automaticamente al pieno ripristino dei diritti dei lavoratori, né tantomeno a una piena garanzia dei diritti per chi richiede la cittadinanza. Tuttavia, rappresenta un primo passo, una speranza concreta per cominciare a tirare fuori milioni di persone dal pantano nel quale questa classe dirigente le ha trascinate.
Votare è quindi un atto dovuto verso le migliaia di vittime sul lavoro (sono almeno tre le persone che muoiono ogni giorno sul posto di lavoro; solo lo scorso anno ne sono state registrate 1.090), e verso chi ogni giorno fatica ad arrivare a fine mese, spesso costretto a lavorare in condizioni di insicurezza e senza alcuna garanzia.
Stop ai licenziamenti illegittimi, tutele per chi viene licenziato ingiustamente, contrasto al precariato e sicurezza sul lavoro: sono questi i capisaldi dei primi quattro quesiti.
Il quinto quesito riguarda invece la cittadinanza. Accorciare i tempi per ottenerla significa riconoscere l’impegno delle persone, promuovere l’integrazione e rafforzare il senso di comunità e coesione sociale.
Si tratta, nello specifico, di tornare alla normativa precedente alla legge del 1992 - introdotta dal governo Andreotti — che ha allungato i tempi necessari per presentare la domanda.
Oggi, milioni di persone vivono in Italia, si sentono italiane a tutti gli effetti, ma non lo sono per lo Stato. Perché manca un pezzo di carta, anche se sono nate o cresciute qui. Appartenere all’Italia, farne parte, non è un privilegio da guadagnare, ma una condizione da riconoscere.
Nel nostro Paese, la cittadinanza viene ancora considerata un trattamento di favore. Una concessione dello Stato ottenibile in cambio di tempo, requisiti economici, documenti e soprattutto lavoro. Ed è proprio questo il punto che lega il quinto quesito ai primi quattro: in Italia, il permesso di soggiorno - e quindi il suo rinnovo - è strettamente legato al lavoro. Senza lavoro, niente permesso di soggiorno. E senza permesso, niente futuro per chi desidera vivere nel nostro Paese, magari con una famiglia da mantenere.
Chi richiede la cittadinanza, dunque, è molto più ricattabile e sfruttabile rispetto a un lavoratore italiano.
Ottenere la cittadinanza significa abbattere le barriere giuridiche e burocratiche che distorcono il mercato del lavoro, con conseguenze negative anche per i cittadini italiani. Garantire parità di trattamento, maggiore stabilità contrattuale e tutele rafforzate non è un privilegio, ma un passo verso un sistema più giusto e sostenibile per tutti.Dire Sì ai cinque quesiti referendari è un’occasione concreta per iniziare a combattere davvero il precariato.
Partecipare è un dovere civico, votare Sì è un gesto di giustizia.
L’8 e il 9 giugno portiamo alle urne la nostra indignazione, la nostra speranza, il nostro Sì.
Facciamolo per chi non può.
Per un lavoro garantito e sicuro, per il rispetto della dignità di ogni persona!
I cinque quesiti referendari:
1. Stop licenziamenti ingiusti
Il primo dei quattro referendum sul lavoro propone di abolire la norma del Jobs Act che regola i licenziamenti nelle aziende con più di 15 dipendenti per chi è stato assunto dopo il 7 marzo 2015. Attualmente, questi lavoratori non hanno diritto al reintegro anche se un giudice dichiara il licenziamento illegittimo. Il referendum punta a cancellare questa regola per fermare i licenziamenti senza giusta causa o motivo valido.
2. Più tutele per i lavoratori licenziati ingiustamente
Il secondo quesito propone di eliminare il limite massimo di 6 mensilità come risarcimento per i licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese (con meno di 16 dipendenti). Attualmente, anche se un giudice ritiene ingiustificato il licenziamento, il risarcimento non può superare questa soglia. L’obiettivo è rafforzare le tutele per circa 3,7 milioni di lavoratori, permettendo ai giudici di stabilire liberamente l’indennizzo senza vincoli.
3. Ridurre il lavoro precario
Il terzo quesito propone di abrogare le norme che permettono l’uso dei contratti a termine senza una giustificazione per i primi 12 mesi. Oggi in Italia ci sono circa 2,3 milioni lavoratori con contratti temporanei. L’obiettivo è contrastare il precariato, reintroducendo l’obbligo di indicare una causa specifica per poter utilizzare un contratto a tempo determinato, rendendo così il lavoro più stabile.
4. Sicurezza sul posto di lavoro
Il quarto quesito referendario riguarda la salute e la sicurezza sul lavoro e propone di estendere la responsabilità anche all’impresa appaltante in caso di infortuni nei lavori in appalto. Oggi, le norme escludono questa responsabilità, favorendo l’uso di appaltatori spesso non in regola con le norme di sicurezza. Con quasi 500.000 denunce e 1090 morti sul lavoro l’anno scorso, l’obiettivo del referendum è modificare le leggi attuali per aumentare la tutela dei lavoratori e prevenire incidenti.
5. Tempi dimezzati per la cittadinanza
Il quinto quesito referendario propone di ridurre da 10 a 5 anni il periodo di residenza legale richiesto per poter chiedere la cittadinanza italiana. Si tratta di ripristinare una regola valida fino al 1992, senza cambiare gli altri requisiti previsti (come conoscenza della lingua, reddito, assenza di reati, ecc.). L’obiettivo è facilitare l’accesso alla cittadinanza per circa 2,5 milioni di persone di origine straniera che vivono stabilmente in Italia, in linea con quanto già avviene in molti altri Paesi europei.
Per info: https://www.referendum2025.it