
Il Consiglio di Sicurezza sposa il piano di Trump: nella Striscia una “Forza di stabilizzazione internazionale” a guida USA. E sullo Stato palestinese solo un cenno
Mentre i riflettori internazionali sulla Palestina hanno cominciato a spegnersi dall’inizio della tregua a Gaza — mai rispettata da Israele, che nel frattempo ha assassinato circa 300 palestinesi — il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, con 13 voti a favore, 0 contrari e l’astensione di Russia e Cina, ha adottato lunedì sera una risoluzione che di fatto dà luce verde all’occupazione statunitense della Striscia. Il testo autorizza la creazione di un organo di governo ancora da definire, chiamato “Board of Peace”, che dirigerà le operazioni di una “Forza internazionale di stabilizzazione” dalla composizione non ancora nota e incaricata di supportare la sicurezza dell’enclave palestinese e, soprattutto, di avviare il processo di smilitarizzazione, incluso il disarmo delle infrastrutture militari di Hamas. Il “Board of Peace” sarà un organo di governo transitorio, guidato dagli Stati Uniti e con durata prevista di due anni, che dovrà preparare il terreno — a partire dalla ricostruzione della Striscia — per la consegna della governance all’Autorità Palestinese.

L’esito del voto non era scontato: Mosca e Pechino avevano minacciato il veto e presentato una bozza alternativa che non prevedeva la smilitarizzazione, escludeva il “Board of Peace” e affidava al Segretario Generale dell’ONU — non a Washington — il compito di definire i criteri della forza internazionale. Alla fine, la pressione dei principali Paesi arabi (Qatar, Egitto, Arabia Saudita, EAU, Giordania, Indonesia, Pakistan, Turchia) e il sostegno dell’Autorità Palestinese hanno reso politicamente difficile l’opposizione. Cina e Russia sono tuttavia riuscite a inserire nella risoluzione 2803 un riferimento, seppur vago, a un futuro Stato palestinese, completamente assente nelle bozze precedenti: da qui la decisione di astenersi invece di porre il veto. Una volta che l’Autorità Palestinese avrà attuato le riforme richieste, “potrebbero finalmente esserci le condizioni per un percorso credibile verso l’autodeterminazione e la statualità palestinese”, recita il testo.
“Questo voto passerà alla storia come una delle più grandi approvazioni nella storia delle Nazioni Unite”, ha commentato Trump, che ora vede realizzata la fase 2 del suo piano per la tregua a Gaza. Plauso anche dall’Autorità Nazionale Palestinese, che ha “accolto con favore” la risoluzione poiché “protegge il nostro popolo nella Striscia di Gaza, ne impedisce la deportazione, assicura il pieno ritiro delle forze di occupazione, consente la ricostruzione, sblocca la soluzione dei due Stati e impedisce l’annessione”. Di tutt’altro avviso Hamas, che ha respinto il testo sostenendo che “qualsiasi forza internazionale, se istituita, deve essere dispiegata solo ai confini per separare le forze, monitorare il cessate il fuoco e deve essere completamente sotto la supervisione dell’ONU”.
In Israele, il presidente Isaac Herzog e il premier Benjamin Netanyahu hanno accolto positivamente il voto. Netanyahu, su X, ha affermato che il piano di Trump “è positivo per la pace e la prosperità perché include il completo disarmo e la deradicalizzazione della Striscia”. Sulla possibilità di vedere nascere uno Stato palestinese, il primo ministro ha ribadito che l’opposizione di Israele “non è cambiata di una virgola”.
Di fatto, la votazione ‘gattopardiana’ di lunedì non porterà a un cambiamento dello status quo nella Striscia e in tutta la Palestina. I territori palestinesi resteranno sotto occupazione e le legittime ambizioni di autodeterminazione del popolo palestinese continueranno a non trovare spazio. “Invece di tracciare un percorso verso la fine dell’occupazione e la garanzia della protezione palestinese, la risoluzione rischia di radicare un controllo esterno sulla governance, i confini, la sicurezza e la ricostruzione di Gaza”, ha commentato la relatrice ONU per il territorio palestinese occupato Francesca Albanese.

Secondo la relatrice, la risoluzione viola il diritto all’autodeterminazione dei palestinesi: “L’articolo 24, paragrafo 2, della Carta delle Nazioni Unite stabilisce chiaramente che il Consiglio, nell’esercizio delle sue funzioni, deve agire in conformità con i principi e gli scopi delle Nazioni Unite”. La risoluzione, invece, “tradisce le persone che pretende di proteggere”. Una forza militare che risponde a un “Consiglio di pace” presieduto dal presidente degli Stati Uniti — parte attiva nel conflitto, avendo fornito costante sostegno militare, economico e diplomatico alla potenza occupante — “non è legale”. “Si tratta”, ha dichiarato l’esperta, “di un tentativo sfacciato di imporre, con la minaccia dell’uso continuo della forza contro una popolazione praticamente indifesa, gli interessi statunitensi e israeliani. Punto”. “In sostanza, lascerebbe la Palestina nelle mani di un’amministrazione fantoccio, assegnando agli Stati Uniti — complici nel genocidio — il ruolo di nuovo gestore della prigione a cielo aperto che Israele ha già istituito”.

Anche Craig Mokhiber, ex direttore dell’ufficio di New York dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (OHCHR), ha denunciato l’adozione della risoluzione da parte del Consiglio di Sicurezza, definendola un “oltraggio coloniale”. L’ex funzionario ha criticato duramente il testo, descritto come una violazione del diritto internazionale, parlando di un “giorno di vergogna” per l’ONU e sottolineando come “nessun membro del Consiglio ha avuto il coraggio, il principio o il rispetto del diritto internazionale per votare contro questo oltraggio”. Ha accusato i governi di tutto il mondo di essere “in ginocchio davanti all’impero statunitense e al suo violento cliente israeliano”. Cliente che, nel frattempo, non ha mai smesso di bombardare l’enclave: solo ieri raid israeliani hanno ucciso 28 palestinesi a Gaza, diciassette dei quali donne e bambini.
La Commissione Nazionale per l’Azione Popolare Palestinese (NCPPA) ha affermato che qualsiasi tentativo di istituire un organo di governo “al di fuori della volontà del popolo palestinese” viola il suo diritto all’autodeterminazione e ripropone vecchie forme di dominio “sotto etichette aggiornate”. Il giochino è sempre lo stesso da decenni: sul destino dei palestinesi devono decidere altri. Soggetti esterni, sistematicamente in combutta con la potenza occupante, che per non infastidire Israele non hanno mai fatto gli interessi del popolo palestinese. “Nessuno può decidere per i palestinesi. Qualsiasi pace imposta con la forza contro la volontà dei palestinesi non sarà mai una vera pace: divamperà sempre”, diceva Kamal Nasser, portavoce dell’OLP assassinato da Israele nel 1973. Era il 1970: non esistevano ancora Hamas, né gli accordi di Oslo, né l’Autorità Palestinese. Sono trascorsi 55 anni e ancora oggi c’è chi pretende di decidere sulla testa dei palestinesi.