
Gli Stati Uniti alla guida di un sistema di svuotamento dei bilanci pubblici grazie al ruolo di nuovo paradiso fiscale
Tra il 2016 e il 2021 l’Italia ha visto svanire 22,3 miliardi di dollari di tasse che sarebbero dovute finire nel bilancio pubblico, quota nazionale di un fenomeno globale da 1.700 miliardi di dollari, pari a quasi l’intero Pil della Spagna, scomparsi a causa delle strategie fiscali delle grandi multinazionali. Secondo il State of Tax Justice 2025, rapporto pubblicato da Tax Justice Network (TJN), rete internazionale che da anni studia le pratiche di elusione fiscale dei giganti economici, quasi un terzo delle perdite globali, pari a 495 miliardi di dollari, è riconducibile alle manovre contabili delle multinazionali statunitensi.
La vera sorpresa dell’analisi riguarda proprio il ruolo degli Stati Uniti, che dopo la prima presidenza di Donald Trump si sono trasformati in un nuovo centro di attrazione per i profitti elusivi. Con il Tax Cuts and Jobs Act del 2017, Washington ha drasticamente abbassato l’imposta federale sulle società, spingendo le imprese a “riportare” i propri utili in patria, così tra il 2016 e il 2024 i profitti dichiarati dalle corporation americane sono cresciuti del 69%, ma le tasse effettivamente pagate sono scese del 14%, 45 miliardi di dollari in meno. L’aliquota media effettiva sulle imprese statunitensi è crollata dal 32,7% al 20,8% e a festeggiare sono i colossi del digitale, come Apple, Meta, Google e Amazon che hanno ottenuto vantaggi evidenti con un'estrema riduzione di tassazione.
Mentre i tradizionali paradisi fiscali, Lussemburgo, Bermuda o Paesi Bassi perdono attrattiva, gli Stati Uniti sono diventati la terza destinazione preferita per i profitti delle proprie multinazionali, dopo Irlanda e Gibilterra, posizione consolidata dal secondo mandato di Donald Trump con la Casa Bianca impegnata a ostacolare ogni iniziativa internazionale per tassare equamente i colossi del digitale. Washington ha di fatto abbandonato l’accordo OCSE sulla tassazione minima globale, minacciando ritorsioni commerciali contro gli Stati che hanno introdotto imposte sui servizi digitali. Paradossalmente, gli Stati Uniti risultano anche tra i Paesi più danneggiati: tra il 2016 e il 2022 il Tesoro americano avrebbe infatti perso 574 miliardi di dollari di gettito. Invece nel Vecchio Continente le perdite maggiori si registrano in Francia, Germania e Belgio, seguite da Regno Unito, Lussemburgo e Spagna. L’Italia, con la perdita dei 22,3 miliardi di dollari di tasse non incassate si colloca a metà classifica, prima di Paesi Bassi e Svezia. In termini relativi, la somma equivale al 2,7% della spesa sanitaria nazionale di quegli anni. TJN sottolinea inoltre che nei paesi a basso reddito le risorse sottratte al fisco basterebbero per finanziare sistemi sanitari universali o programmi di vaccinazione.
Una delle cause del “buco” globale è la mancanza di trasparenza: dal 2016 le multinazionali sono chiamate a comunicare profitti, dipendenti e imposte per ogni Paese in cui operano, ma le informazioni restano anonimizzate per decisione politica.
Per il momento solo l’Australia ha annunciato la creazione di un registro pubblico centralizzato, mentre l’Unione Europea pubblica dati completi solo per gli Stati membri e gli Stati Uniti non partecipano nemmeno allo scambio multilaterale di dati fiscali, opponendosi da oltre un decennio a qualsiasi forma di rendicontazione pubblica.
Secondo TJN la via d’uscita è la nuova Convenzione ONU sulla cooperazione fiscale, oggi in fase di negoziazione, avente l'obiettivo di tassare i profitti dove l’attività economica si svolge realmente, non dove le aziende scelgono di registrarli, così se venisse approvata la rendicontazione pubblica Paese per Paese, i governi mondiali potrebbero recuperare fino a 475 miliardi di dollari l’anno.
Alex Cobham, direttore di Tax Justice Network lancia un serio avvertimento: “Il mondo è ad un bivio, da una parte c’è la sottomissione alle multinazionali americane, dall’altra la difesa collettiva della sovranità fiscale. Stiamo subendo un saccheggio di proporzioni catastrofiche, non più conquistadores con le spade ma corporation che svuotano silenziosamente i bilanci pubblici”, conclude così: “Ogni insegnante licenziato o infermiera senza aumento di stipendio paga il prezzo di questa resa fiscale durata decenni”.